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Carichi di lavoro e sicurezza degli operatori sanitari

Carichi di lavoro e sicurezza degli operatori sanitari

Esiste una stretta correlazione tra rischio di infortuni ed errori e il work engagement, ovvero il coinvolgimento nel lavoro che permette ai sanitari di resistere alla pressione dei carichi di lavoro. A evidenziarlo una ricerca quali-quantitativa condotta da INAIL Toscana e Centro GRC, che ha coinvolto medici e infermieri.

Data di pubblicazione: 10 aprile 2019

Un Convegno per illustrare un’importante Ricerca

A Firenze questa primavera si è tenuto un Convegno per fare il punto su un tema particolarmente attuale: “Carichi di lavoro e sicurezza degli operatori sanitari. Benessere di medici e infermieri, performance e conseguenze sulla sicurezza dei pazienti“. Organizzato dal “Centro Gestione Rischio Clinico e Sicurezza del Paziente”, in collaborazione con l’INAIL, l’incontro ha focalizzato quella che è la correlazione tra il rischio di infortuni e di errori con il carico di lavoro.

Nonostante quest’ultima espressione (“carico di lavoro”) ai più oggi appaia superata e si preferisca sostituirla con il concetto di prestazione, in questa occasione il concetto di “carichi di lavoro” è sembrata la scelta migliore per spiegare gli obiettivi dell’evento, rivolti verso una visione globale.

E proprio durante questo Convegno sono stati presentati i risultati di una ricerca quali-quantitativa condotta da INAIL Toscana e Centro GRC, che ha coinvolto medici e infermieri di 6 chirurgie toscane, e che ha avuto come finalità la valutazione e la messa in correlazione tra rischio di infortuni ed errori e il work engagement, ovvero il coinvolgimento nel lavoro che permette ai sanitari di resistere alla pressione dei carichi di lavoro.

Il burnout

Un aspetto preliminare da tener presente, approcciando questo argomento, è quello della “sindrome del burnout”, una tipologia specifica di disagio psicofisico connesso al lavoro che interessa, in varia misura, diversi operatori e professionisti che sono impegnati quotidianamente e ripetutamente in attività che implicano le relazioni interpersonali.

La prevalenza della sindrome nelle varie professioni non è ancora stata chiaramente definita, ma sembra essere piuttosto elevata tra operatori sanitari come medici e infermieri (ad esempio, secondo un recente studio olandese in Psychological Reports, non meno del 40% dei medici di base andrebbe incontro a elevati livelli di burnout), insegnanti e poliziotti. La nota positiva cui sono arrivati gli osservatori è comunque rassicurante: il burnout colpisce chi ama il proprio lavoro ed ama farlo bene.

 

Negli operatori sanitari la sindrome si manifesta generalmente seguendo quattro fasi:

  • La prima, preparatoria, è quella dell'”entusiasmo idealistico” che spinge il soggetto a scegliere un lavoro di tipo assistenziale.
  • Nella seconda (“stagnazione”) il soggetto, sottoposto a carichi di lavoro e di stress eccessivi, inizia a rendersi conto di come le sue aspettative non coincidano con la realtà lavorativa. L’entusiasmo, l’interesse e il senso di gratificazione legati alla professione iniziano a diminuire.
  • Nella terza fase (“frustrazione”) il soggetto affetto avverte sentimenti di inutilità, inadeguatezza, insoddisfazione, uniti alla percezione di essere sfruttato, oberato di lavoro e poco apprezzato; spesso tende a mettere in atto comportamenti di fuga dall’ambiente lavorativo, ed eventualmente atteggiamenti aggressivi verso gli altri o verso sé stesso.
  • Nel corso della quarta fase (“apatia”) l’interesse e la passione per il proprio lavoro si spengono completamente e all’empatia subentra l’indifferenza, fino a una vera e propria “morte professionale”.

La ricerca

È stato realizzato uno studio multicentrico che ha coinvolto sei diversi centri ospedalieri toscani, di cui due appartenenti ad aziende universitario-ospedaliere e quattro appartenenti ad aziende sanitarie locali territoriali. La ricerca si è concentrata nell’area della chirurgia generale, nei suoi vari setting (reparto, ambulatorio e sala operatoria). Le qualifiche professionali coinvolte sono medici, infermieri e Oss (Operatori socio-sanitari), più altre figure di supporto, quali ADB, OTA, infermieri generici. È stato quindi composto un questionario cartaceo che comprendesse due scale per la rilevazione di dati soggettivi.

Bisogna premettere che il “Centro gestione rischio clinico e sicurezza del paziente” della Regione Toscana ha sempre promosso (fin dalla sua istituzione, 15 anni fa) la cultura della sicurezza e dell’esperienza, compreso l’insegnamento che può derivare dagli errori compiuti, come condizioni imprescindibili per un sistema sanitario più affidabile e sicuro. Tale approccio sta alla base della rete di Clinical Risk Manager e di Facilitatori per il Rischio Clinico, che negli anni è stata costituita nelle aziende sanitarie e ospedaliero-universitarie.

Questo contatto mirato con le singole realtà lavorative ha permesso di:

  • raccogliere direttamente dagli operatori la percezione che i carichi di lavoro siano diventati ben diversi da quelli di pochi anni fa;
  • concludere che, effettivamente, il tempo dedicato al paziente si sta riducendo sempre di più;
  • questi cambiamenti stanno pesantemente impattando sul benessere dei lavoratori in Sanità. Del resto, lo studio della letteratura scientifica dedicata a questi temi ha confermato quanto i problemi di staffing in Sanità (carenza di operatori, aumento del turn-over del personale infermieristico e incremento dell’età media), assieme al peso e alla frequenza delle interruzioni del flusso lavorativo, nonché alle pratiche amministrative che senza dubbio non è sbagliato definire costrittive (si veda l’ uso sempre più assiduo di protocolli e procedure che regolano l’attività clinica, la crescente informatizzazione dei sistemi sanitari, la necessità di formalizzare numerosi atti a fini legali) siano solo alcuni dei fattori che impattano maggiormente, talvolta in modo molto grave, sull’organizzazione del lavoro, sulla sicurezza delle cure e sul benessere degli operatori sanitari, compromettendone la performance e aumentando le probabilità di eventi avversi a danno dei pazienti.

 

Con questi presupposti, il Centro Grc ha incontrato l’interesse di Inail Toscana per la realizzazione di uno studio che andasse:

  • a indagare, anche nelle realtà italiane, il rapporto staffing-qualità-sicurezza delle cure
  • a quantificare la connessione esistente tra benessere degli operatori da un lato, e dall’altro efficienza, sicurezza e affidabilità delle cure.

Gli strumenti usati

Il team dello studio ha scelto di prendere in considerazione, misurare e valutare variabili sia qualitative sia quantitative. Per la precisione sono stati seguiti due approcci, uno quantitativo e uno qualitativo.

Il team di ricerca quantitativa ha utilizzato le due scale di raccolta dati UWES Utrecht EngagementLe variabili indagate sono quelle che definiscono il work engagement: vigore, dedizione e assorbimento. Ognuna di esse può essere considerata il carburante del motore che motiva, e perciò muove il lavoratore.

La ricerca qualitativa etnografica invece è stata portata avanti con la tecnica dell’osservazione dello shadowing mediante lo strumento Wombat che permette di classificare le attività secondo la prospettiva sistemica. In questo modo, interruzioni durante le prestazioni, come la somministrazione della terapia o la visita medica, e attività svolte contemporaneamente, emergono bene anche nei dettagli.

Il progetto ha applicato l’approccio alla ricerca denominato mixed methods, secondo il quale un disegno di ricerca si completa integrando l’uso di più di un metodo di raccolta di dati o di ricerca in uno stesso o insieme di studi correlati. Il mixed methods è più specifico perché comprende la miscelazione di dati qualitativi e quantitativi, di più metodi, metodologie e/o paradigmi in uno stesso studio di ricerca o in un insieme di studi correlati.

I metodi di ricerca misti

Ci sono tre grandi classi di studi di ricerca che sono attualmente etichettati come “metodi di ricerca misti”:

Approcci Quantitativamente guidati: disegni in cui lo studio è, al suo interno, uno studio quantitativo con i dati qualitativi aggiunti per integrare e migliorare lo studio quantitativo, fornendo un valore aggiunto e più profonde, più larghe e più piene- o più complesse- risposte alle domande di ricerca.

Approcci Qualitativamente guidati. disegni in cui lo studio è, nella sua essenza, uno studio qualitativo con dati quantitativi aggiunti per integrare e migliorare lo studio qualitativo.

Disegni di ricerca interattivi: qui lo studio sottolinea ugualmente (in modo interattivo e attraverso l’integrazione) dati quantitativi e qualitativi, nonché i rispettivi metodi, metodologie e paradigmi. Questo terzo disegno è spesso realizzato attraverso l’uso di una squadra composta da un esperto in ricerca quantitativa, un esperto nella ricerca qualitativa, e un esperto in metodi di ricerca misti per sostenere i lavori con il dialogo e l’integrazione continua.

Operatori sanitari attivi e volenterosi, ma sofferenti

Un buon coinvolgimento lavorativo permette agli operatori sanitari di resistere a fronte di un carico di lavoro crescente.

In sintesi, i medici e gli infermieri delle sei chirurgie toscane coinvolte percepiscono una buona capacità lavorativa e un buon coinvolgimento, che però tende a diminuire con l’aumento dell’anzianità lavorativa nel contesto preso in esame, mentre pare indipendente dall’età anagrafica e dal genere. Tra le tre categorie professionali considerate, gli infermieri manifestano un vigore inferiore sia rispetto agli Oss che ai medici, mentre la dedizione è generalmente molto alta per tutti. Gli infermieri e gli Oss hanno il triplo della possibilità di avere un indice di work ability scadente o mediocre rispetto ai medici, mentre l’anzianità lavorativa in équipe aumenta del 44% la probabilità di un buon coinvolgimento lavorativo. Il 75% degli operatori intervistati riferisce di soffrire di almeno una patologia lavoro-correlata, con al primo posto i disturbi muscolo-scheletrici, seguiti da malattie della pelle e problemi gastro-intestinali.

In virtù delle 111 sessioni di osservazione del lavoro, della durata media di un’ora e 20 minuti, seguendo 61 operatori sanitari in sala operatoria e nel reparto di degenza con la tecnica dello shadowing, mediante lo strumento Wombat, si è potuto classificare le attività secondo la prospettiva sistemica, mettendo in luce le interazioni e i tempi delle attività principali e delle interruzioni. È emerso, tra l’altro, che oltre il 60% delle attività cliniche e assistenziali è svolto in multitasking, che sono oggetto di interruzione nel 15% dei casi per gli infermieri e nel 24% dei casi per i medici.

In altre parole, gli operatori sanitari svolgono più attività contemporaneamente e quindi sono esposti a un impegno cognitivo che supera lungamente le ore effettivamente svolte, anche per le frequenti interruzioni che in una organizzazione ad alta intensità di relazione come quella sanitaria arrivano a essere in media 6 interruzioni ogni ora per un medico.

Infine c’è la comunicazione, che rimane un aspetto fondamentale del lavoro in Sanità e rappresenta uno strumento fondamentale per migliorare la sicurezza, ma può anche essere un problema se non viene strutturata e se non avviene secondo precise modalità. Circa un quarto delle attività mediche e infermieristiche, infatti, è dedicato alla documentazione, per un 15% di tipo meramente burocratico. Una situazione di cui bisogna prendere atto e che necessita di decisi miglioramenti.

 

Conclusioni

I dati della ricerca, in sintesi, mostrano operatori resilienti, ma con segnali di sofferenza che vanno presi in considerazione per un monitoraggio in senso longitudinale, soprattutto per prevenire gli effetti congiunti di lavoro a turni, orario prolungato, con attività in multitasking e invecchiamento della popolazione lavorativa. Fattori che favoriscono il coinvolgimento lavorativo sono: opportunità di apprendimento, supporto dei superiori, comunicazione, autonomia, leadership adeguata. Quando c’è un buon coinvolgimento, i lavoratori tendono ad avere un atteggiamento proattivo e a rimanere per un lungo periodo all’interno dello stesso servizio. Negli operatori sanitari migliora così l’identificazione con l’ospedale, si riduce l’assenteismo, migliora la performance organizzativa.

L’autore

Minnie Luongo

Giornalista della Redazione

Bibliografia

Documento INAIL 2017 “CARICHI DI LAVORO E SICUREZZA DEGLI OPERATORI SANITARI”
https://www.inail.it/cs/internet/docs/alg-pubbl-carichi-di-lavoro-e-sicurezza-operatori-sanitari.pdf

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