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Stampa 3D, il futuro è già arrivato

Stampa 3D, il futuro è già arrivato

Le tecnologie di stampa 3D in pochi anni si sono trasformate da promessa futuristica a strumenti di lavoro quotidiano. E in medicina le prospettive sono rosee, visto che parliamo di un mercato che potrebbe raggiungere i 750 milioni di euro nel 2025.

Data di pubblicazione: 19 dicembre 2017

Non capita spesso che una nuova tecnologia si trasformi nel giro di pochissimi anni da progetto accademico a concreto strumento di lavoro.

Ma è proprio quello che è successo con la stampa 3D: inventata alla fine degli anni ‘80, e pensata soprattutto per il segmento delle realizzazioni prototipali, la stampa 3D si è rapidamente evoluta con l’arrivo di nuovi sistemi di stampa, più rapidipiù versatili o semplicemente meno costosi. Oggi ci sono una ventina di diverse tecnologie di stampa 3D sul mercato, e le macchine più economiche possono costare anche solo qualche centinaio di euro.

Tutte condividono il concetto di base, ovvero la produzione di un oggetto ottenuta sovrapponendo centinaia o migliaia di “strati” sottilissimi. La cosa non è molto diversa dal costruire un muro sovrapponendo uno sull’altro decine di strati di mattoni, solo che in questo caso ogni mattone ha dimensioni pari a qualche centesimo di millimetro.

Per stampare un oggetto 3D si parte da un file CAD che descrive il disegno dell’oggetto stesso. Tale file viene trattato con un apposito software (detto “slicer”, affettatore) che lo traduce in una serie di strati sovrapposti. Le istruzioni per “stampare” questi strati, gestiti quindi come oggetti bidimensionali, vengono inviate a una macchina che realizza l’oggetto depositando il materiale necessario uno strato sopra l’altro.

A differenziare le varie tecnologie è appunto il modo in cui viene deposto e fissato il materiale.
Le tre tecniche più diffuse (e più usate per scopi medici) sono la:

  • SLS: Selective Laser Sintering
  • TIP: Thermal Ink Jet
  • FDM: Fused Deposition Modeling.

La SLS, Selective Laser Sintering.

Utilizza speciali polveri come substrato per la creazione degli oggetti. Un sottile strato di polvere viene depositato sul piatto di produzione, e un raggio laser fonde la polvere nei punti indicati dal file cad. Subito dopo, un nuovo strato di polvere viene sovrapposto e il processo si ripete, fino al completamento dell’oggetto. Questa tecnologia permette di stampare usando polveri metalliche, plastiche o ceramiche e consente di realizzare oggetti molto resistenti

La TIP, Thermal InkJet

Si tratta di una tecnologia molto simile a quella usata dalle comuni stampanti a getto d’inchiostro, nelle quali il colorante viene “spruzzato” sulla carta per formare testi e immagini da testine formate da decine di piccoli ugelli, simili a minuscole pistole a spruzzo. E anche nella stampa 3D, le testine hanno ugelli che spruzzano materiale su un substrato portante. Solo che al posto dell’inchiostro è possibile spruzzare cellule, e il risultato finale è un tessuto organico.

La FDM, Fused Deposition Modeling

È la tecnologia più diffusa, grazie all’economicità delle macchine e dei materiali. Nella FDM, il materiale di produzione è costituito da un filamento plastico (può essere in PLA, ABS, o vari altri tipi di sostanze plastiche anche addizionate a particelle di metallo/legno/coloranti eccetera) che viene fatto scorrere man mano verso un ugello riscaldato, dove viene fuso e deposto per estrusione sul piano di produzione, sul quale solidifica legandosi allo strato sottostante.

Ovviamente, solo le macchine più costose hanno la precisione e la capacità di utilizzare materiali speciali che sono necessarie per l’uso medico. Tuttavia, i costi di tutte le tipologie di macchina, e quelli dei materiali di produzione, sono in rapida discesa, e già oggi permettono di ottenere oggetti 3D personalizzati a costi inferiori a quelli degli stessi oggetti realizzati con tecnologie “tradizionali”.

Le potenzialità in campo medico

Uno degli obiettivi dell’utilizzo di questa tecnologia in campo medico è riuscire a produrre oggetti assolutamente personalizzati. Pensiamo in particolare al segmento delle protesi, che vanno realizzate su misura per ogni singolo paziente.

Per questo tipo di impieghi, dove non è mai stato possibile avvalersi delle economie di scala create dalla produzione in serie, la stampa 3D fa quasi un miracolo: abbassa i costi da quelli della produzione puramente artigianale, a quelli nettamente inferiori della prototipazione industriale.

Consideriamo poi le persone che hanno subito un’amputazione; l’80% di queste vive nei Paesi in via di sviluppo e solo il 10% ha accesso alle protesi. È dunque comprensibile l’estrema importanza del fattore costi in questo contesto. Tra l’altro la progressiva semplificazione degli strumenti necessari alla progettazione sta facendo sì che pensare, disegnare e costruire un oggetto tridimensionale sia ormai alla portata di chiunque, anche del singolo ricercatore, che non deve più dipendere da massicci investimenti e dall’aiuto di costosi team di specialisti.

Al segmento della stampa 3D per uso medico è stata data tra l’altro una notevole spinta nel 2015, quando Google ha messo a disposizione delle organizzazioni non profit un fondo speciale di 20 milioni di dollari per lo sviluppo di tecnologie a supporto dei disabili

Molte delle organizzazioni vincitrici del bando hanno impiegato tecnologie di stampa 3D per creare:

  • mani e braccia artificiali low-cost
  • mappe 3D per ipovedenti
  • supporti posturali per paraplegici

Un caso interessante è quello delle protesi per bambini, i quali crescendo devono cambiare frequentemente le protesi a costi altissimi. L’uso del modello digitale stampato in 3D permette di realizzare la nuova protesi semplicemente “scalando” il file, e permette quindi un cambio più frequente a costi inferiori.

Negli scorsi mesi, si sono moltiplicate le iniziative di organizzazioni e privati per mettere a disposizione stampantiprogetti e materiali alle comunità disagiate, tanto che oggi il collo di bottiglia non è più la disponibilità o il costo delle macchine, ma piuttosto lo scarso numero di tecnici ortopedici che applichino le protesi ai pazienti.

Protesi impiantabili

Ancora più importante l’impiego del 3D nell’ambito delle protesi impiantabili, per esempio: realizzazione di articolazioni artificiali per sostituire quelle danneggiate da malattie degenerative come l’artrite, patologia la cui diffusione sta aumentando. Se fino a oggi l’operazione di impianto consisteva di fatto nell’adattare il paziente a una delle protesi di misure “standard” reperibili in commercio, con il 3D Printing è possibile realizzare la protesi su misura per il singolo paziente a costi comparabili con quelli del prodotto standard, ma con risultati sul paziente nettamente migliori, in termini di maggiore mobilità, minor dolore e recupero più rapido.

Dove invece gli impianti erano già realizzati su base individuale, ma con procedimenti artigianali – per esempio, le protesi dentarie – l’uso del 3D semplifica le procedure e riduce i costi, con il passaggio dal vecchio sistema del calco in cera/gesso all’acquisizione computerizzata tramite scansione 3D del soggetto.

Non è solo una questione di costi

Finora ci siamo focalizzati sul discorso della riduzione dei costi (di sviluppo, di produzione eccetera) e sul miglioramento della qualità della vita dei pazienti, ma i vantaggi del 3D Printing non si limitano a questo. Le applicazioni spaziano infatti anche in altri ambiti, per esempio nell’istruzione e nel training.

La stampa 3D di modelli funzionali per esercitazioni mediche sta diventando molto popolare, in quanto permette di disporre di dispositivi a basso costo da mettere a disposizione degli studenti di medicina e degli specializzandi per la pratica di laboratorio, consentendo una migliore qualità dell’apprendimento.

Ma la nuova frontiera è, anche qui, quella della personalizzazione. Per esempio, ci sono ospedali che stampano in 3D i vasi sanguigni dei pazienti affetti da aneurisma per dar modo al chirurgo di studiare il miglior modo di operare prima di iniziare l’intervento vero e proprio, e con una verosimiglianza molto maggiore di quella permessa dal semplice esame delle immagini, pure in 3D, prodotte dai normali esami cui il paziente viene sottoposto.

E sempre in tema di personalizzazione, un’altra applicazione interessante sarà la stampa di medicinali. Proprio così, sarà possibile stampare in 3D le pillole acquistando gli “inchiostri” adatti, ovvero principi attivi ed eccipienti. Con il vantaggio di poter stampare per ogni paziente la pillola con i dosaggi personalizzati, ed escludendo eventuali sostanze cui possa essere intollerante o allergico. Il primo prodotto di questo tipo è già stato approvato dall’FDA americana, quindi non stiamo parlando di futuro non troppo lontano.

Si stamperà un corpo in 3D?

Gli esperti del settore concordano che la prossima frontiera è quella del bioprinting. Già oggi siamo in grado di stampare tessuti cartilaginei, ossei e pelle. Per quest’ultima, tra l’altro, si stanno sviluppando macchine capaci di stampare la pelle non su un substrato, ma direttamente sulle aree del corpo ustionate.

Inoltre, sono state fatte prove di fattibilità su elementi più complessi. In Svizzera è stato testato un cuore artificiale in silicone stampato in 3D. Ha le stesse dimensioni e peso di un cuore biologico, e la stessa funzionalità, anche se per il momento il materiale che lo costituisce gli permette di funzionare solo per circa un’ora – circa 3000 contrazioni. Ma con il miglioramento dei materiali, si potrebbe risolvere il problema di molti cardiopatici in attesa di trapianto. Esperimenti sono in corso anche per la produzione di reni e fegati artificiali e per la ricostruzione del seno, mentre si è già in fase applicativa per quanto riguarda le cartilagini auricolari.

Insomma, l’obiettivo di stampare in 3D organi artificiali sarà sicuramente raggiunto entro la prossima decade. Tanto che qualcuno ha avanzato l’ipotesi che presto o tardi arriveremo a stampare in 3D un corpo completo, e che quindi dovremmo cominciare a preoccuparci di elaborare nuovi codici etici per questo tipo di avvenimenti.

Curiosità

  • Il noto cantante, Will.i.Am è anche Chief Creating Officer della 3D Systems, un’azienda di stampa 3D che ha lavorato su progetti legati all’ecologia (dalle biciclette agli indumenti).
    i.am, prima di ricoprire questo ruolo, è stato anche Director of Creative Innovations in Intel. Come esperto del settore il suo parere sulle tecnologie 3D è ampiamente positivo, ma ha sollevato il problema di dover considerare nuovi aspetti etici che siano allineati al progresso tecologico.
    In un’intervista al Guardian nel 2015, egli ha dichiarato:“Entro vent’anni saremo in grado di stampare da zero un rene. Avremo macchine che stampano il vostro genoma con proteine compatibili con il vostro corpo. Le stampanti 3D cambieranno il modo in cui produciamo, ripariamo e guariamo. Per vestirci di pelle e mangiare filetto, oggi ci servono un sacco di terreno e acqua per le mucche. Entro vent’anni, potremo invece semplicemente stampare il filetto o il pellame. Non è fantascienza”.

 

  • Sembra quasi fantascienza ciò che oggi si fa con la stampa 3D in medicina. Ne sa qualcosa Jorge Zuniga, ricercatore specializzato in biomeccanica all’università del Nebraska, che ha progettato e realizzato una mano artificiale 3D per bambini dall’aspetto prettamente robotico, chiamata “Cyborg Beast”. Il risultato è stato ottenuto dopo che il figlio aveva “bocciato” il precedente progetto di una mano che imitava l’aspetto naturale sottolineando che “i bambini vogliono una mano che sembri quella di un robot”, come i cyborg dei cartoni animati.

L’autore

Redazione

Team composto da professionisti in diversi settori, tra cui medico, scientifico, health affairs, digital technology, giornalistico.
L’obiettivo primario della redazione è quello di generare contenuti d’interesse, attuali e che possano favorire un aggiornamento su tematiche che spaziano in ambiti differenti.

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