Gestire e prevenire l’aggressività di familiari e pazienti
Da vari anni la violenza risulta in crescita. Insulti, molestie, minacce e aggressioni fisiche sono la quotidianità in treni e autobus, strade e pubblici esercizi. Le scuole registrano casi di bullismo, gli ipermercati segnalano tafferugli per le offerte più vantaggiose.
Anche nelle strutture sanitarie e sociosanitarie si assiste quindi a un aumento di questi episodi, da parte di pazienti e loro congiunti contro figure di contatto come medici e infermieri, senza distinzioni rilevanti di genere o di ruolo.
Data di pubblicazione: 16 febbraio 2018
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Per quanto le reazioni a un’aggressione possano variare da persona a persona, fra le conseguenze si registrano choc, stress, depressione e collera. In alcuni casi si manifestano somatizzazioni, sfiducia nelle proprie competenze e sensi di colpa. Talvolta l’approccio interpersonale del medico ne rimane compromesso, generando ulteriori reazioni avverse nei pazienti e nei loro familiari.
Prevenire è quindi di grande importanza. Interventi strutturali come servizi di vigilanza e controlli video nei luoghi a rischio sono certamente utili. Da parte sua, il medico può sviluppare competenza per comprendere e gestire le dinamiche della frustrazione e i segnali di un potenziale attacco.
Alcuni motivi delle aggressioni
I tempi d’attesa sono un fattore scatenante nei triage e nelle sale d’aspetto. Ecco che dare informazioni interlocutorie può essere di aiuto, in particolare a chi accompagna i ricoverati in PS. I pazienti possono provare rabbia anche per altri motivi, come una diagnosi di malattia grave, il timore che accompagna i test diagnostici, l’ansia per le procedure chirurgiche. Più in generale, ogni idea di peggioramento della qualità della vita può attivare una forma di lutto, anche anticipatorio, che scatena negazione e ira.
Altri fattori scatenanti sono il rifiuto di prescrizioni o certificazioni e il rinvio da un reparto all’altro, per quanto legittimi, le informazioni discordanti fra reparti o le lunghe liste d’attese per le visite. Da considerare anche eventuali criticità del paziente estranee al suo stato di salute e la preoccupazione per le notizie sulla così detta “malasanità”. In questi casi può accadere che le dinamiche siano rinforzate dal medico stesso, per una sua spinta involontaria alla rivalsa verso le modalità aggressive che gli sono state rivolte. Secondo il filosofo Thomas Hobbes, infatti, quando una persona ritiene di essere stata disprezzata il suo risentimento genera combattività per desiderio di vendetta.
Modalità di approccio per gestire e prevenire l’aggressività
Ecco alcune misure dirette a ridurre la tensione nelle relazioni interpersonali, utili per evitare il confronto fisico con chi sta perdendo il controllo del proprio comportamento.
Considerare lo stato altrui
I pazienti e i loro familiari possono vivere il ricorso alla sanità con angoscia. Ciò che per il medico è routine, per essi può risultare una novità densa di incognite. Occorre quindi dare elementi di rassicurazione, riconoscendo legittimità ai loro timori.
Ignorare le sfide
Di fronte a soggetti polemici o aggressivi è importante rimanere sul caso. Se l’interlocutore parla in fretta, per “fare presto” o per la pressione delle sue paure, occorre dialogare evitando un ritmo incalzante o teso. Ciò aiuta a placarne l’ansia. In nessun caso ci si può far “agganciare”, alimentando lo stato di agitazione dell’interlocutore.
Segnalare le criticità
Può essere utile che i passaggi di consegne includano notizie su ogni caso di aggressività, anche se prodromico.
Dare riconoscimento
Nel quadro della comunicazione confermante, alcune modalità sono di particolare rilievo durante i colloqui, come usare nome o cognome del paziente, distribuire lo sguardo fra questi e chi lo accompagna, adeguare il linguaggio, dare indicazioni concrete in sintesi. Sempre nei colloqui occorre invece evitare di fare altre azioni, di avere interruzioni, di parlare davanti al paziente come se non ci fosse o di banalizzarne la sofferenza.
Sorvegliare le modalità non verbali
Talvolta l’interlocutore non si rende conto della propria rabbia, resa però evidente dalla contrazione dei muscoli facciali o delle spalle e dalla voce “di gola”. Chi si trova in questa condizione ha scarse possibilità di comprendere il senso di ciò che gli viene detto, mentre reagisce al non verbale. Capita la situazione occorre quindi formulare frasi brevi, con voce ferma ma calma.
Attenzione al setting
In ogni ambiente occorre avere una via di fuga. Dalle scrivanie occorre togliere gli oggetti atti a offendere o che possano dare informazioni personali. La presenza di testimoni può essere un valido elemento disincentivante.
Per quanto nessuna modalità possa dare piena garanzia di fronte a un interlocutore determinato ad attaccare o che ha perso contatto con la realtà, questi approcci e un più vasto sviluppo delle capacità relazionali possono disinnescare la maggior parte delle escalation violente. È quindi utile che ogni medico approfondisca i temi della comunicazione, della gestione delle emozioni e dell’empatia.
L’autore
Dr. Paolo Boschi
Presidente Agenzia Formativa A.P.O.Ge.O. – Firenze
Bibliografia
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