Login con   logo Medikey ACCEDI | REGISTRATI

Cerca nel sito

Il counselling in medicina

Il counselling in medicina

“Se una persona si trova in difficoltà il miglior modo di aiutarla non è dirle cosa fare”. In cosa consiste allora il counselling in ambito medico? Come si applica nella pratica clinica? Le risposte in questo articolo.

Data di pubblicazione: 24 dicembre 2018

Origine e significato del Counselling

Nonostante i numerosi progressi realizzati nella cura del cancro, la gestione dello stato nutrizionale nei pazienti oncologici rimane a oggi un problema ancora aperto.

Il termine anglosassone “counselling”, per il quale non è ancora stato identificato un termine corrispettivo adeguato in lingua italiana, deriva dal latino “consulere”, traducibile in: “consolare, confortare, venire in aiuto”; da “cum”: con, insieme, e “solere”, alzare, sollevare, aiutare a sollevarsi1.
Il counselling si sviluppa in Europa alla fine degli anni ’50, come servizio di orientamento pedagogico e come strumento di supporto nei servizi sociali e nel volontariato.
Carl R. Rogers, esponente della psicologia umanistica centrata sulla persona, condivise un concetto importante per il processo di counselling:
«Se una persona si trova in difficoltà il miglior modo di aiutarla non è dirle cosa fare, quanto piuttosto aiutarla a comprendere la sua situazione e a gestire il problema assumendo da sola e pienamente le responsabilità delle scelte eventuali»2.

In ambito sanitario, il counselling inizia a diffondersi nei primi anni ’90, con l’avvio della campagna informativa sull’AIDS3; in seguito ha trovato applicazione in diversi ambiti medico-scientifici, come la promozione degli stili di vita salutari, la pianificazione familiare, la prevenzione, le vaccinazioni, l’autogestione delle malattie croniche. Il ruolo principale del counselling in medicina è quello di aiutare i pazienti a fare scelte consapevoli e condivise con il medico.

Secondo l’OMS4, il counselling si può definire come “un processo decisionale e di problem solving che coinvolge un “cliente” ed un “counselor”. Il primo esprime la necessità di un aiuto, il secondo è una persona esperta, imparziale, che possiede capacità di ascolto, di sostegno e di guida. Attraverso il dialogo e l’interazione, il counselling aiuta le persone a risolvere e gestire problemi, a capirli, ad affrontare i disagi psicosociali e i bisogni nel modo più razionale possibile.
Il counselling è intenso come intervento focalizzato, limitato nel tempo e specifico.

Da quanto sopra esposto si evince che il counselling non deve essere confuso con il dare consigli o semplici informazioni. I consigli si possono condividere con persone di pari esperienza o con amici, mentre l’attività di counselling viene svolta da un esperto.
Le competenze di counselling non si possono improvvisare, richiedono una formazione specifica e rappresentano pertanto un valore aggiunto alla professionalità medica, integrando le competenze tecnico-scientifiche.

Il ruolo del Counselling nell’era della medicina “Patient-centered”

Il counselling consente ai pazienti di acquisire informazioni corrette, ma soprattutto di maturare consapevolezza nei confronti del rischio di patologie prevenibili, o di cui sono affetti, in modo da poter condividere con il medico i percorsi diagnostico-terapeutici, di aderire ad essi responsabilmente e di sviluppare le abilità necessarie all’autogestione della patologia, qualora si instauri.

Un counselling ben condotto può essere quindi un utile presupposto per l’aderenza terapeutica. Non è un compito semplice, in quanto implica affrontare temi delicati, quali la progressione della disabilità nelle patologie croniche o gravi, la riduzione della qualità di vita o anche dell’aspettativa di vita.

In Medicina Preventiva, il counselling ha la funzione di sensibilizzare persone sane al concetto di rischio di sviluppo di patologie gravi, come le malattie cardiovascolari o i tumori, motivandole all’adozione di comportamenti finalizzati a preservare la salute, ad esempio con uno stile di vita salutare o con l’adesione ai programmi di screening.

Queste scelte devono avvenire con serenità e fiducia, non con ansia. Questo punto è fondamentale: se la cosiddetta ansia di malattia contagia il medico, può determinare la prescrizione di esami e/ o di interventi terapeutici in eccesso (overtreatment), a volte dannosi, con costi economici che gravano sulle famiglie e sul welfare, ma soprattutto con un impatto estremamente negativo in termini di serenità e qualità di vita.

 

Il counselling, per le sue caratteristiche, si inserisce nell’ambito del modello di medicina “patient centered”, che focalizza l’attenzione sulla persona, non sulla malattia5.

In questo modello, la relazione medico-paziente si basa sull’alleanza terapeutica e sull’empatia, diversamente dal vecchio modello paternalistico, caratterizzato dalla passività del paziente nell’accettazione delle cure proposte dal medico.

Le basi comunicazionali del processo di Counselling

counselling è un processo basato, oltre che sulle competenze tecniche, su alcune caratteristiche comunicative fondamentali che caratterizzano la relazione medico-paziente6-8:

Autoconsapevolezza

Per una comunicazione efficace è fondamentale che il professionista entri in contatto con se stesso, con le proprie emozioni e con il proprio sistema di valori, imparando a distinguerli da quelli degli interlocutori; una confusione in tal senso potrebbe generare un counselling non propriamente orientato al paziente.

Empatia

L’empatia si può definire come la capacità di mettersi nei panni dell’altro, assumendo la sua prospettiva nel contesto del suo sistema di valori. Significa mettersi nella condizione di comprendere i timori e i dubbi dell’altro, il perché di certe reazioni emotive che possono sembrare eccessive rispetto alla situazione, o diversamente, comprendere reazioni che derivano da una mancanza di consapevolezza e accettazione.

Ascolto attivo

L’ascolto attivo aiuta a creare un rapporto di fiducia e di collaborazione con il paziente, non può prescindere dall’empatia ed è il cemento dell’alleanza terapeutica. Prestare ascolto attivo significa dimostrare interesse e attenzione al problema dell’altro. È una vera e propria azione rivolta a facilitare il dialogo con l’interlocutore per meglio comprendere i suoi bisogni, le sue esigenze, ma anche a far emergere le false convinzioni, per poi rielaborarle e restituirle in modo corretto. Questo tipo di ascolto implica come primo step quello di capire ciò che il paziente conosce sulla patologia oggetto del dialogo, cercando di gestire eventuali “fake news” apprese dal web, fornendo invece le informazioni scientifiche più aggiornate e basate sulle evidenze.
Nell’ascolto attivo, il “setting esterno”, ovvero l’ambiente fisico sede del colloquio, può giocare un ruolo sfavorevole, specie nelle strutture pubbliche, ma è il “setting interno”, costituito dalle emozioni e dalle motivazioni profonde del professionista, a consentire di superare queste difficoltà.
Durante l’ascolto attivo è bene non assumere un atteggiamento giudicante, ma accogliente, non direttivo ma autorevole, non ambiguo nelle risposte (non parlare in “medichese”), ma chiaro. L’ascolto attivo implica anche l’osservazione di ciò che il paziente comunica in modo “non verbale”, cercando di cogliere le espressioni di dubbio, incertezza o preoccupazione, riformulando i concetti in modo più comprensibile e accettabile.
Altrettanto importante è il rispetto della volontà del paziente e delle sue preferenze nei riguardi delle opzioni terapeutiche, non senza accertarsi che abbia ben compreso tutti i vantaggi e gli svantaggi delle diverse opzioni terapeutiche proposte.

Riepilogando

  • Il counselling è un’attività professionale che richiede competenze specifiche, non si identifica con il dare consigli, soluzioni rapide di un problema, o informazioni generiche, ma piuttosto con un percorso di attivazione delle risorse della persona, in modo che possa affrontare responsabilmente problemi e difficoltà e fare scelte consapevoli.
  • Il counselling fornisce il supporto e la motivazione al cambiamento, come nel caso del comportamento e dello stile di vita.
  • Il counselling implica da parte del professionista la capacità di utilizzare abilità relazionali fondamentali, come l’autoconsapevolezza, l’empatia, l’ascolto attivo, fondamentali per una relazione basata sull’alleanza terapeutica.

L’autore

Dr.ssa Rossella Bossa

Medico con specializzazione in Psicoterapia Comportamentale Cognitiva

Bibliografia

  1. Devoto G. Avviamento all’etimologia italiana, Firenze, Le Monnier, 1968. ISBN 88-00-51025-6.
  2. Carl R. Rogers, La terapia centrata sul cliente, Firenze, Martinelli, 1994. ISBN 88-09-75005-5.
  3. Organizzazione Mondiale della Sanità, Carta di Ottawa per la promozione della salute. 1989.
  4. G Bellotti, M.L. Bellani, Il counselling nell’infezione da Hiv e nell’Aids, McGraw-Hill, 1997.
  5. Moja E. Vegni E. La visita medica centrata sul paziente. Raffaelo Cortina. 2000.
  6. Bert G, Quadrino S. Parole di medici, parole di pazienti. Counselling e narrativa in medicina. 2002. Il Pensiero Scientifico.
  7. Giusti E, Masiello L. Il counselling sanitario. 2009. Ed. Faber.
  8. Giannella E. Etica e deontologia nel counseling professionale e nella meditazione familiare. SOVERA ED. 2017.

Contenuti correlati

L’effetto della ricerca di informazioni sanitarie online sulle relazioni medico-paziente

Gestire la comunicazione nel paziente con disabilità

Barriere linguistiche nella comunicazione medico-paziente: impatto e conseguenze