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Esame obiettivo – Introduzione

Esame obiettivo – Introduzione

L’esame obiettivo (EO) è indubbiamente la componente centrale della visita clinica.

Data di pubblicazione: 16 gennaio 2018

Dopo aver raccolto le informazioni anamnestiche, utili a inquadrare il paziente e a comprendere necessità, dubbi e aspettative, l’EO rappresenta un momento di stretto contatto fisico attraverso il quale il medico può (e deve) non soltanto raccogliere impressioni e segni, ma anche cercare un riscontro il più possibile immediato e concreto ai sintomi riferiti dal paziente.

Se per esempio un individuo lamenta dolore ad un arto, l’EO cercherà di rilevarne le condizioni, la presenza di alterazioni macroscopiche ed eventuali limitazioni funzionali. Tale operazione risulterà ancor più complessa e sfidante in presenza di disturbi o patologie difficilmente oggettivabili, come per esempio il mal di testa.
Un primo suggerimento, dunque, consiste nel non tralasciare mai alcun dettaglio: l’EO, per sua definizione, deve essere generale, e per quanto possano presentarsi situazioni che tendono a focalizzare l’attenzione su uno specifico distretto, è sempre bene non perdere di vista la globalità del paziente.

L’approccio deve essere sempre proattivo e positivo: il medico dopo aver raccolto le prime informazioni, ipotizzerà un quadro clinico; esso potrà essere confermato attraverso l’EO approfondito e il dialogo con il paziente. La veridicità del racconto del paziente non va messa in dubbio, anche nel caso in cui, come succede spesso con i bambini, dovessero emergere incongruenze tra la descrizione dei sintomi e il reale quadro clinico. Attraverso opportuni accorgimenti o manovre, il medico dovrà quindi essere in grado di delineare lo stato clinico del paziente in modo oggettivo.

L’EO non serve soltanto al singolo operatore per “fotografare” lo stato clinico in un determinato momento, ma deve anche consentire lo scambio di informazioni tra colleghi.

Questo è fondamentale non solo in ambito ospedaliero, dove la continua turnazione del personale medico implica il passaggio delle consegne, ma anche in qualsiasi ambulatorio o struttura sanitaria gestita da un’équipe sempre più spesso multidisciplinare: condividere le informazioni relative ad un paziente permetterà una gestione ottimale ovviamente in relazione alle specifiche competenze dei clinici.

Ad esempio, nell’ambito delle malattie croniche, è frequente il ricorso a sistemi di scoring o questionari, che consentono di tradurre o sintetizzare una condizione clinica articolata in un punteggio numerico allo scopo di esprimerne la gravità, l’impatto sulla qualità di vita o perfino la necessità di variare l’intensità della terapia. Un approccio di questo tipo, essendo oggettivo, riduce la possibilità di interpretare la descrizione del quadro clinico da parte di medici differenti che si trovano a gestire uno stesso paziente.

Una seconda considerazione riguarda l’aspetto metodologico: l’EO, per quanto dipendente dalla perizia e dall’esperienza del singolo medico, dovrebbe essere praticato secondo un preciso approccio tecnico. In altre parole, la relazione clinica finale dovrebbe essere il più possibile riproducibile nei suoi contenuti e tale da consentire a tutti di identificare le condizioni e le priorità del paziente. Questo passaggio diventa fondamentale nell’attuale scenario assistenziale, in cui è sempre più diffusa la medicina di gruppo. In questo contesto diventa importante condividere dati sulla base di criteri standardizzati e di conseguenza la sintesi dell’EO costituisce un patrimonio informativo comune. Ad esempio, la cartella clinica elettronica è uno strumento molto utile, in quanto orienta verso uno schema precostituito per la raccolta delle informazioni cliniche.

Le quattro fasi dell’esame obiettivo

L’esame obiettivo si compone delle seguenti fasi.

  • Ispezione. Ricerca di alterazioni dei parametri fisiologici, per esempio torace ingrandito, ingrossamento del collo, lesioni come cicatrici, ematomi, che possono essere utili a rinforzare il sospetto clinico o a delineare la storia clinica del paziente.
  • Palpazione. Valutazione mediante palpazione di una regione anatomica circoscritta. Nel caso dell’addome ad esempio si procede con uno step di palpazione superficiale (alla ricerca del cosiddetto “risentimento peritoneale”, ovvero la contrazione da parte del paziente dei muscoli addominali) ed uno di palpazione profonda (effettuabile solo in assenza di risentimento peritoneale, alla ricerca di alterazioni a livello addominale). Anche l’esame del polso arterioso rientra in questa fase.
  • Percussione. Valutazione effettuata con l’ausilio di un dito detto plessimetro, che viene poggiato su una determinata zona anatomica, e un dito plessore, che percuote il dito plessimetro. L’effetto è quello di provocare, tramite la percussione, un suono che rifletterà la natura della zona sottostante: ovvero il suono si propagherà meglio se il dito plessimetro verrà poggiato in corrispondenza di zone meno dense, mentre si propagherà meno nelle zone in cui la presenza di parenchima è maggiore. Il sospetto clinico nasce nel momento in cui si riscontra un suono diverso da quello che ci si sarebbe aspettati in relazione alla densità del distretto sottoposto a valutazione.
  • Auscultazione. Si effettua generalmente tramite l’utilizzo di un fonendoscopio che viene poggiato sulla cute, in corrispondenza della zona in esame.

Una valida consuetudine può essere quella di procedere in senso cranio-caudale (dunque dal capo verso il torace, l’addome e gli arti inferiori) riportando la descrizione generale seguita da quella distrettuale e quindi più dettagliata, avendo cura di redigere un testo ordinato, leggibile e completo.

È fondamentale riportare sempre le condizioni in cui è stato effettuato l’EO (per esempio il colorito cutaneo può variare a seconda che il paziente si trovi in prossimità di una finestra oppure sotto una lampada) e differenziare la percezione soggettiva (le proprie impressioni) dalla realtà, citando le eventuali manovre semeiologiche effettuate, esplicitando eventuali dubbi o incertezze, che potrebbero stimolare un collega a prestare maggiore attenzione, e riportando anche gli elementi che risultano nella norma.

Le fasi possono essere seguite consecutivamente, oppure possono essere “condensate” in un unico atto esplorativo per distretto anatomico. Ad esempio, nella valutazione di un’articolazione arrossata e dolente, all’osservazione, per esempio, può seguire immediatamente la palpazione e la valutazione funzionale dell’arto.

Infine, si deve tener presente che ogni EO è necessariamente diverso, in quanto influenzato non soltanto dalla preparazione del medico, ma anche dall’interazione con il paziente, dal quale è fondamentale ottenere la massima collaborazione.


Su Vademedicum sarà proposto un percorso di video che tratteranno le diverse fasi dell’esame obiettivo.

Saranno messe a disposizione anche guide pratiche con le principali indicazioni da poter seguire nella propria pratica clinica.

L’autore

Dr. Piercarlo Salari

Medico chirurgo specialista in Pediatria
Responsabile del gruppo di lavoro per il sostegno alla genitorialità SIPPS

Bibliografia

Semeiotica Medica – Metodologia clinica. A cura di Ranuccio Nuti. Edizioni Minerva Medica, IX edizione, 2010.

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