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Sindrome dell’intestino irritabile: approccio diagnostico

Sindrome dell’intestino irritabile: approccio diagnostico

Data di pubblicazione: 30 gennaio 2022

La sindrome dell’intestino irritabile (irritable bowel syndrome, IBS), la cui prevalenza negli Stati Uniti è compresa tra il 7 e il 16%, colpisce soprattutto i giovani e le donne, associandosi a costi sanitari estremamente elevati. Tradizionalmente la diagnosi di IBS è basata sul riscontro di sintomi specifici, che identificano altrettante sindromi, quali la diarrea da IBS, la costipazione da IBS, la diarrea funzionale, la costipazione funzionale, il dolore addominale funzionale cronico, il gonfiore addominale. Alla base dei sintomi caratteristici dell’IBS ci sono numerosi meccanismi periferici e centrali responsabili di disfunzioni motorie e sensitive a carico dell’apparato gastro-intestinale. La valutazione di tali disfunzioni potrebbe essere utile nei pazienti che non rispondono ai trattamenti di prima linea. Ulteriori progressi nell’identificazione di disfunzioni specifiche come causa dei singoli sintomi dell’IBS offrirebbero la possibilità di migliorare la diagnosi di questo disturbo e la gestione della sintomatologia ad esso associato per tutti i pazienti nei quali le terapie di prima linea dell’IBS e la gestione delle eventuali comorbilità psicologiche risultano insufficienti. 

 

Qual è l’origine della IBS?

L’IBS è un disordine cronico della funzione intestinale caratterizzato da alterazione della funzione intestinale (in termini di frequenza e consistenza), e dolore addominale. Tale condizione ha un impatto significativo sulle normali attività dei pazienti, riducendone in misura significativa la qualità di vita e la produttività lavorativa. La prevalenza di tale condizione, lievemente superiore nelle donne rispetto agli uomini, raggiunge il 16% negli Stati Uniti e si associa a costi sanitari estremamente elevati (che superano il miliardo di USD). 

L’IBS viene comunemente attribuito a disordini nelle interazioni tra intestino e cervello. Sono stati infatti identificati numerosi processi di origine centrale responsabili di ipersensibilità viscerale e meccanismi periferici in grado di determinare perturbazioni delle funzioni sensitive e motorie gastrointestinali, che potrebbero portare ai sintomi dell’IBS. La presenza di una possibile origine centrale dei disturbi associati all’IBS è confermata dal fatto che nei pazienti con IBS e disordini somatoformi, quali cefalea tensiva o artralgie, o sintomi psicologici (ansia o depressione), l’utilizzo precoce di psicoterapia comportamentale, ipnoterapia o neuromodulatori centrali può aiutare a ridurre la gravità dell’IBS. Nell’ultima decade inoltre vari studi hanno identificato possibili meccanismi periferici responsabili di alcune delle disfunzioni che stanno alla base dei sintomi dell’IBS. Tali meccanismi forniscono l’opportunità per spiegare l’origine della sintomatologia associata a tale disturbo, e potrebbero rappresentare il target di trattamenti mirati volti alla sua risoluzione. 

Come si può migliorare la diagnosi di IBS? Evidenze dalla letteratura e proposte future 

 

È stata recentemente pubblicata una rassegna delle evidenze pubblicate dal 1980 al 2020 relative alla diagnosi e al trattamento dell’IBS: sono stati identificati 112 articoli, di cui 25 trial clinici, 26 reviews, 33 articoli originali, 3 network metanalisi, 3 review sistematiche e 24 review sistematiche con metanalisi. Dall’analisi di queste evidenze è emersa l’esistenza di numerose carenze nell’iter diagnostico dell’IBS (tradizionalmente basato sull’applicazione dei criteri diagnostici Roma I-IV), che potrebbero essere superate attraverso una semplificazione dei criteri attualmente in uso, che porti a prendere in considerazione solo i sintomi prevalenti (dolore addominale, disfunzione intestinale, gonfiore) ed escludere eventuali sintomi di allarme, quali calo ponderale inaspettato, sanguinamento rettale o recenti variazioni della motilità intestinale. La diagnosi dell’IBS basata sui sintomi può essere inoltre migliorata tramite la raccolta di informazioni anamnestiche circa la presenza di disordini psicologici o somatoformi, un esame obiettivo comprendente l’esplorazione rettale e l’esecuzione di test di screening per escludere patologie organiche (livelli di emoglobina e PCR). Per esempio, uno studio ha evidenziato che la probabilità e la specificità di identificare l’IBS tra oltre 300 pazienti con sintomi gastrointestinali è migliorata combinando i criteri diagnostici basati sui sintomi (Roma III) con ulteriori 3 approcci: 

1) valutazione di eventuali sintomi di allarme, quali involontaria perdita di peso, sanguinamento rettale o recente modifica della funzione intestinale; 

2) raccolta di informazioni anamnestiche, quali comparsa di feci notturne, sintomi suggestivi di specifiche comorbilità o disordini psicologici (soprattutto della sfera affettiva); 

3) esecuzione di esami diagnostici strumentali (colonscopia) o di laboratorio (livelli di PCR). 

Dopo il primo inquadramento diagnostico, l’approccio al paziente con IBS dovrebbe comprendere interventi di educazione e rassicurazione e la somministrazione di trattamenti di prima linea distinti in base ai sintomi prevalenti (fibre o lassativi osmotici per la costipazione, oppioidi per la diarrea, e anti-spastici per il dolore addominale). Per i pazienti che non rispondono a questi interventi di prima linea, potrebbe essere indicata l’esecuzione di test mirati per la valutazione di disordini funzionali specifici. L’identificazione di tali disordini, comprendenti disturbi di evacuazione, anomalie del transito intestinale a livello del colon, diarrea biliare, consentirebbe di mettere in atto interventi terapeutici mirati, che potrebbero migliorare la gestione della sintomatologia, sebbene siano necessari studi mirati per confermare l’efficacia di tale approccio. 

 

L’autore

Dott.ssa Elena Sarugeri

MD, PhD, Medical writer

Bibliografia

Camilleri M. Diagnosis and Treatment of Irritable Bowel Syndrome: A Review. JAMA. 2021 Mar 2;325(9):865-877. 

 

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