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Sanità digitale e nuove figure professionali

Sanità digitale e nuove figure professionali

Con l’aumento del peso delle tecnologie digitali, la medicina necessita di un continuo aggiornamento in termini di nuove competenze e anche di nuove figure professionali. Vediamo cosa si dovrà aggiungere al curriculum degli operatori sanitari e con quali nuove figure tecnologiche il medico si dovrà interfacciare nella propria pratica clinica.

Data di pubblicazione: 01 agosto 2018

Quando si parla di lavoro, c’è un modo di dire comune: “se vuoi un posto sicuro, entra nella sanità”.

E in effetti il settore dell’healthcare è quello che, a livello mondiale, cresce più di tutti in termini di occupati: negli USA, per esempio, negli ultimi anni la sanità ha creato in media 3 milioni di nuovi posti di lavoro l’anno.

I motivi vanno ricercati primariamente nel progressivo invecchiamento della popolazione dei paesi sviluppati, che fa aumentare la domanda di cure, e nel miglioramento generale del livello di servizio richiesto dai pazienti. Ma questo giustifica di fatto la crescita numerica delle figure “tradizionali” del settore, dagli infermieri ai medici.

Tuttavia, esiste un altro fattore fondamentale che sta determinando la crescita di occupati nella sanità ed è l’evoluzione tecnologica verso la digital healthcare.

Questo fenomeno, di cui cominciamo da poco a vedere i primi effetti, assumerà a lungo termine grande importanza proprio sulla tipologia di competenze necessarie e quindi sui profili professionali del personale da assumere.

Primi effetti

Con l’arrivo delle tecnologie diagnostiche digitali, che ha richiesto il passaggio della memorizzazione dei dati dei pazienti dal formato cartaceo a quello informatico, le aziende sanitarie hanno dovuto potenziare i propri reparti di IT e assumere informatici capaci di gestire sistemi per garantire la loro sicurezza e la continuità del servizio stesso. La digitalizzazione dei dati dei pazienti ha portato alla nascita della figura del “medical scribe, una persona che assiste il medico durante le visite e si occupa di inserire i dati rilevati nel database digitale, o di estrarre i dati “storici” del paziente per metterli a disposizione del medico.

E proprio in questi mesi, l’entrata in vigore del regolamento europeo General Data Protection Regulation GDPR (25 maggio 2018) in materia di trattamento dei dati personali, sta muovendo ancora il mercato del lavoro, con le aziende alla ricerca di persone capaci di ricoprire il ruolo di responsabile della protezione dei dati. Infatti molti enti hanno saggiamente colto l’occasione del GDPR per razionalizzare il proprio sistema di raccolta, trattamento, trasmissione e memorizzazione dei dati, mettendo al lavoro programmatori, esperti di database engineering e via discorrendo.

Tuttavia, tranne pochi casi eclatanti come quello del Responsabile Protezione Dati, quella cui stiamo assistendo adesso è ancora, nella maggior parte dei casi, un’evoluzione limitata – in pratica, la maggior parte delle nuove tecnologie è padroneggiabile da chi già lavora in sanità previo, al massimo, qualche breve corso di aggiornamento. Ma, a giudicare da ciò che sta arrivando, la situazione è destinata a mutare radicalmente.

Digitale dirompente

Il fatto è che fino a oggi il digitale in sanità è entrato per sostituire, in modo più trasparente possibile, una tecnologia analogica preesistente. Ma adesso cominciano a entrare negli ospedali tecnologie realmente rivoluzionarie, come i robot, l’intelligenza artificiale (AI), la stampa 3D, l’analisi genetica.

L’uso dei robot, da solo, porterà a un gran numero di nuove specializzazioni nella sanità. Come quella del Remote Surgeon o Telesurgeon, chirurgo specializzato in operazioni a distanza tramite robot. Una tecnologia, questa, che si spera possa migliorare notevolmente il livello di cure disponibili in ambienti critici: luoghi colpiti da conflitti bellici, basi di ricerca poste in luoghi remoti e in futuro le stazioni orbitanti.

Un’altra figura che si andrà a delineare è quella del Medical Roboticist, uno specialista con background ingegneristico e informatico e con nozioni di medicina, capace di collaborare con i medici alla progettazione di dispositivi di cura robotizzati – ad esempio robot mini-invasivi per l’esecuzione di terapie mirate su organi interni o sistemi protesici innovativi. La diffusione di robot “da corsia”, per l’assistenza ai pazienti e l’aiuto delle persone anziane, aprirà poi nuovi spazi per tecnici manutentori, programmatori, “personalizzatori” (persone che adattano un robot standard a specifiche richieste, necessità o preferenze del malato) e via discorrendo.

L’intelligenza artificiale (AI) promette di essere un’altra tecnologia rivoluzionaria per la sanità. Essa promette, per esempio, diagnosi più accurate, grazie al fatto che i sistemi di AI vengono “addestrati” mediante l’esame di milioni di casi, in modo tale che le loro reti neurali “imparino” a riconoscere le malattie. Iin un certo senso, accumulano in memoria l’esperienza che nessun medico da solo potrebbe mai acquisire nell’intera vita. Ma per far funzionare queste macchine serve personale esperto in quella che si chiama “Big Data Analytics”, ovvero memorizzazione, organizzazione ed analisi di enormi quantità di dati. E per sviluppare i loro software servono esperti di Machine Learning e Deep Learning.

Dati recenti indicano che il segmento dell’AI in medicina sta crescendo a ritmi del 40% circa all’anno, con la Cina a guidare il mercato, tallonata dagli USA e con la Gran Bretagna prima della classe in Europa.

Interessanti prospettive di lavoro vengono anche dalle tecnologie della stampa 3D. Finora gli utilizzi in sanità erano in prevalenza legati alla formazione e alla simulazione – per esempio, un chirurgo può stampare un modello 3D del sistema vascolare di un paziente per verificare la fattibilità di determinate procedure operatorie. Ma le nuove tecnologie permettono di stampare cose più sofisticate: per esempio protesi (e qui si aprono prospettive per progettisti 3D, tecnici dei materiali, eccetera) ma anche tessuti biologici. Già 4 anni fa, un’azienda annunciò di aver stampato tessuto epatico, e fra non molto tempo potremmo avere tessuti stampati in 3D per uso terapeutico. Secondo alcuni esperti, entro 20 anni potremmo essere in grado di stampare in 3D organi umani perfettamente funzionali. E naturalmente serviranno dei tecnici capaci di seguire le fasi del processo: dalla selezione delle cellule di base, alla coltivazione in vitro, dalla progettazione dell’organo all’esecuzione della stampa vera e propria.

Se pensate che sia troppo presto per ipotizzare quali lavori saranno richiesti nel 2040, riflettete un attimo: i neolaureati che verranno assunti quell’anno sono già nati, e fra un paio d’anni inizieranno il loro percorso scolastico. Gran parte di loro farà un lavoro che oggi non esiste. Con i ritmi raggiunti dal progresso tecnologico, è difficile prevedere oggi quali saranno le richieste del mercato del lavoro nei prossimi 10 o 20 anni, ma una cosa è sicura: il know-how di base legato alle tecnologie digitali sarà comunque necessario, per qualsiasi lavoro.

L’autore

Gianluigi Bonanomi

Giornalista professionsita, con expertise in ambito technology e digital.

Bibliografia

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