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Agenda Sanità Digitale

Agenda Sanità Digitale

Data di pubblicazione: 17 ottobre 2017

L’Europa spinge per la medicina digitale.

Per l’Italia si tratterà di una corsa a ostacoli, fra fondi insufficienti, problemi di governance e criticità tecniche. Ma la posta in gioco è alta, a partire da un risparmio sui costi pari a un punto di PIL.

Secondo una ricerca pubblicata dall’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità della School of Management del Politecnico di Milano, nel 2016 l’Italia ha speso per la digitalizzazione dell’healthcare circa 1,27 miliardi di euro, poco meno degli 1,34 miliardi spesi l’anno prima.

Gli investimenti stanno calando, proprio mentre l’Europa, con il secondo eHealth Action Plan 2012-2020, sta spingendo con decisione l’acceleratore sulla sanità 4.0.

La Commissione Europea, infatti, vorrebbe pilotare proprio nel settore della sanità una gran parte dei 70 miliardi di euro messi a disposizione dei progetti dedicati all’innovazione. Questo per un motivo molto semplice: l’invecchiamento della popolazione andrà a incidere sempre più pesantemente sui bilanci della sanità statale e, per impedire che questa voce prosciughi ogni risorsa, l’unica soluzione è la digitalizzazione.

Inoltre, come “effetto collaterale” si otterrebbe una maggiore personalizzazione ed efficacia delle cure, con costi più bassi e cittadini più contenti grazie a una sanità che risponde meglio alle loro esigenze. La spinta maggiore alla digitalizzazione arriva proprio dal basso, visto che i progetti andati finora in porto hanno avuto un altissimo livello di gradimento da parte di medici e cittadini. Per esempio, l’anno scorso il 51% degli italiani ha usato almeno un servizio sanitario online: nel 32% dei casi sono state ricercate informazioni sulle strutture sanitarie, mentre il 22% degli utenti ha effettuato la prenotazione di visite ed esami via web.

Nel nostro Paese, le difficoltà maggiori vengono probabilmente dal fatto che, per creare un sistema di sanità digitale efficace, bisogna muoversi all’interno di una serie di “binari” burocratici che non sono certo di semplice applicazione.

In particolare, le linee guida da rispettare sono contenute nel Patto per la Salute 2014-2016 e nel più specifico Patto per la Sanità Digitale del 2016. Quest’ultimo in particolare, secondo quanto scrive Anna Francesca Pattaro su www.agendadigitale.eu, si configura come un piano strategico unitario e condiviso per il conseguimento dei seguenti obiettivi:

  • efficienza;
  • trasparenza;
  • accountability;
  • coinvolgimento e responsabilizzazione di pazienti, caregiver e stakeholder.

Raggiungere tali obiettivi sarà possibile attraverso l’impiego sistematico dell’innovazione digitale in sanità, da perseguire senza aggravi aggiuntivi di spesa da parte della pubblica amministrazione.

Passare dalle linee guida alla loro applicazione operativa non sarà semplice, soprattutto vista la scarsità di risorse a disposizione, ma anche il differente livello di avanzamento dei vari progetti pilota da regione a regione. Tuttavia, molti strumenti sono già diventati operativi: dal Fascicolo Sanitario Elettronico, già consolidato in molte regioni, a esperienze di telemedicina; dalle prenotazioni computerizzate di visite ed esami, all’uso di Big Data, fino alla creazione di biblioteche sanitarie.

Fra i problemi invece ancora da risolvere citiamo la questione della governance nella realizzazione dei progetti, che attualmente risulta essere a carico delle singole regioni.

Chi si occuperà della realizzazione vera e propria dei progetti avrà invece a che fare con problematiche legate all’adeguatezza tecnica delle soluzioni in uso e soprattutto alle questioni legate alla privacy dei dati, visto che essi dovranno essere armonizzati e leggibili dai sistemi di tutte le nazioni europee. Il problema è difatti condiviso a livello continentale, tanto che l’Unione Europea già nel 2014 aveva sentito la necessità di lanciare un Green Paper sulla Mobile Health (pratiche mediche e di salute pubblica assistite ad esempio da dispositivi digitali mobili e smartphone), seguito da una consultazione sulle varie problematiche coinvolte:

  • sicurezza dei dati;
  • privacy;
  • interoperabilità dei sistemi;
  • background legale;
  • rapporti con le aziende;
  • costi;
  • responsabilità.

Dalle ricerche emerge un nuovo mercato che, inesistente nel 2008, ora vale a livello globale circa 23 miliardi di dollari e conta ormai su oltre 100.000 applicazioni (APP), delle quali circa il 70% sono indirizzate all’utente finale ed il 30% sono dedicate ai professionisti. Emerge quindi la necessità di dare regole certe, in particolare su privacy, utilizzo dei dati e interoperabilità, a un mercato difficile da controllare, considerando anche che i due terzi delle app provengono da piccole software house o addirittura da singoli sviluppatori.

Ma pur con tutte le difficoltà legate all’ammodernamento di un settore storicamente lento nell’adozione di tecnologie “rivoluzionarie”, la digitalizzazione è senza dubbio la strada da seguire. Se ne sono accorti anche gli americani, tanto che lo scorso luglio la stessa FDA (Food and Drug Administration) ha aggiunto, all’interno del suo Medical Innovation Access Plan, una nuova e più specifica componente focalizzata sulla Digital Health Innovation.

In particolare, il nuovo modulo si chiama Pre-Cert for Software Pilot Program e abbraccia il principio secondo cui le tecnologie di digital health possono portare significativi benefici sia alla vita dei pazienti, sia al servizio sanitario facilitando prevenzione, diagnosi e utilizzo delle terapie, oltre ad aiutare i pazienti a gestire condizioni croniche al di fuori dei tradizionali luoghi di cura.

La digitalizzazione, insomma, risponde ad esigenze sentite a livello mondiale. Ma lo scopo ultimo deve essere sempre quello di dare servizi migliori e il più possibile personalizzati ad ogni singolo paziente.

L’autore

Redazione

Team composto da professionisti in diversi settori, tra cui medico, scientifico, health affairs, digital technology, giornalistico.
L’obiettivo primario della redazione è quello di generare contenuti d’interesse, attuali e che possano favorire un aggiornamento su tematiche che spaziano in ambiti differenti.

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