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Vita da specializzando: come gestire carico di lavoro e studio

rischi dello stress e del burnout nello specializzando in medicina

Vita da specializzando: come gestire carico di lavoro e studio

Data di pubblicazione: 09 maggio 2024

Tanti anni di studio, sessioni d’esame selvagge, lezioni e tirocini incastrati a tutte le ore del giorno, la corsa fino alla laurea… e poi? Inizia la specializzazione!

Lo specializzando è un po’ come una figura mitologica, metà studente e metà lavoratore. Sì perché, se da un lato si è ancora iscritti a tutti gli effetti ad un corso universitario post lauream, con lezioni, esami di fine anno e tesi di specializzazione, si è al tempo stesso contrattualizzati con turni lavorativi al pari dei medici specialisti e coinvolti in prima persona nelle attività assistenziali verso il paziente, entrando di diritto nell’organico di reparto. Le specializzazioni mediche sono, infatti, corsi della durata di 4 o 5 anni (a seconda della branca medica, chirurgica o dei servizi), il cui accesso è vincolato da un concorso su base nazionale fino ad esaurimento delle borse di studio bandite ogni anno dal Ministero dell’Istruzione e del Merito, durante i quali lo specializzando deve sviluppare non solo le conoscenze specialistiche relative al settore scelto, ma anche le competenze relative al mettere in pratica quanto appreso. Questo connubio viene raggiunto solo attraverso la quotidiana partecipazione alle attività cliniche nei reparti ospedalieri, ambulatori o servizi territoriali sotto tutoraggio di medici specialisti, uniti alla frequentazione di lezioni, journal club, attività di ricerca clinica e congressi scientifici, il che rende questo percorso fortemente stimolante per la crescita professionale ma al tempo stesso estremamente demanding, sottoponendo lo specializzando ad un grosso carico di stress.

Vita da specializzando: stress e burnout

Lo stress rappresenta una delle problematiche principali a cui uno specializzando è esposto, originando da una moltitudine di fattori: se già la professione in sé porta a confrontarsi con tematiche emotivamente rilevanti, che spesso vengono affrontate per la prima volta durante la specializzazione, come sofferenza, morte, aggressività, comunicazione di diagnosi ad alto impatto sulla qualità di vita e gestione dei familiari,

l’alto carico di lavoro si traduce in gran parte in una turnistica che richiede elevati livelli di performance e competitività, lasciando poco spazio al recupero e alle attività personali di svago, alimentando sentimenti di inadeguatezza e distacco ed esponendo lo specializzando a maggiori rischi di errori medici. Non a caso, negli ultimi 20 anni sono progressivamente aumentati report scientifici che attestano elevati livelli di stress tra gli specializzandi nei diversi Paesi europei e mondiali, fino a raggiungere un quadro di burnout, ossia una sindrome clinica caratterizzata da esaurimento, distacco emotivo, depersonalizzazione, sentimenti di fallimento e perdita della vocazione, che si può associare a condizioni mentali severe come depressione, abuso di sostanze stupefacenti e rischio suicidario1,2. Le più recenti pubblicazioni stimano tassi di burnout tra gli specializzandi intorno al 35%, con picchi del 40 % per le aree chirurgiche e delle emergenze2; questo dato sembrerebbe essere addirittura superiore alle altre professioni altamente professionalizzanti1.

Stress e burnout: istruzioni per l’uso

Purtroppo non esistono formule magiche che permettano di prevenire condizioni di stress lavoro-correlato o burnout, tuttavia la tematica è di grande attenzione visti i numeri crescenti ed il riconoscimento della gravità della situazione: nel nostro Paese la sindrome da burnout è a tutti gli effetti riconosciuta dall’INAIL come infortunio sul lavoro secondo la circolare n.71/20033. Considerato che il burnout e lo stress in generale sono il risultato dell’interazione maladattativa tra i tratti psicosociali del soggetto e l’ambiente lavorativo, gli interventi devono mirare ad entrambi questi fattori1. Sviluppare consapevolezza nello specializzando è fondamentale per correggere i comportamenti maggiormente a rischio, andando a favorire una adeguata pianificazione del lavoro, stabilendo obiettivi realistici per ogni turno ed evitando così di estendere gli obblighi lavorativi oltre gli orari previsti. Considerando inoltre la natura formativa del percorso, non bisogna esitare nel richiedere maggiore supporto da parte di tutor accademici o di colleghi più grandi, che hanno già raggiunto determinati obiettivi formativi. È fondamentale stabilire buoni rapporti a tutti i livelli dell’équipe di lavoro e riconoscere l’importanza di garantire tempi di riposo, attività personali di svago, regolare attività fisica e un buon sonno notturno. Affinché questi obiettivi siano raggiungibili, è necessario investire anche sull’ambiente di lavoro, ottimizzando l’organizzazione del lavoro e del percorso formativo, creando adeguate politiche di assenza dal lavoro e sviluppando strumenti in grado di valutare e riconoscere eventuali forme di disagio dello specializzando, al fine di attivare forme di supporto costruttivo e non discriminanti.

Dr. Federico Seghi

Specialista in Psichiatria

L’autore

Redazione Vademedicum

Bibliografia

  • Dyrbye L, Shanafelt T. A narrative review on burnout experienced by medical students and residents. Med Educ. 2016 Jan;50(1):132-49. doi: 10.1111/medu.12927. PMID: 26695473.
  • Rodrigues H, Cobucci R, Oliveira A, Cabral JV, Medeiros L, Gurgel K, Souza T, Gonçalves AK. Burnout syndrome among medical residents: A systematic review and meta-analysis. PLoS One. 2018 Nov 12;13(11):e0206840. doi: 10.1371/journal.pone.0206840. PMID: 30418984; PMCID: PMC6231624.
  • Carlini L, Fidenzi L, Gualtieri G, Nucci G, Fagiolini A, Coluccia A, Gabbrielli M. Analisi e valutazione medico-legale della sindrome da burnout nell’ambito delle helping profession e della tutela INAIL per i casi di malattia e suicidio. Riv Psichiatr 2016;51(3):87-95. doi 10.1708/2304.24790

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