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Le distrofie miotoniche: come riconoscerle e come gestirle

Le distrofie miotoniche: come riconoscerle e come gestirle

La Distrofia Miotonica (DM) è una malattia meno rara di quanto si possa pensare, e purtroppo è sottodiagnosticata. Quali sono le caratteristiche della DM1 e della DM2? Quali sono i sintomi che devono destare allarmi? Quali sono i fattori di rischio? Come gestire un paziente con questa patologia. Qual è il ruolo del MMG?

Data di pubblicazione: 06 agosto 2019

Debolezza muscolare e affaticabilità, con difficoltà ad alzare le braccia, sollevare pesi, fare le scale, alzarsi da terra, mantenere l’equilibrio, correre, camminare sui talloni: potrebbero essere campanelli d’allarme della distrofia muscolare, o meglio di una delle distrofie muscolari.

Si tratta di patologie ereditarie causate da mutazioni in diversi geni, che comportano perdita di funzione, riduzione o assenza di proteine necessarie per la stabilità muscolare, con conseguente progressivo impoverimento del tessuto muscolare e deficit di forza, caratterizzate da entità, distribuzione ed epoca di comparsa variabili. Le distrofie miotoniche (DM), in particolare, sono autosomiche dominanti e presentano un interessamento multisistemico. Vengono compromessi:

  • cuore (difetti di conduzione, aritmie, cardiomiopatia dilatativa)
  • apparato respiratorio (apnee notturne, eccessiva sonnolenza diurna, tosse inefficace, insufficienza respiratoria cronica)
  • il corpo vitreo dell’occhio (cataratta precoce, prima dei 50 anni)
  • le ghiandole sessuali (atrofia delle gonadi, sterilità)
  • il sistema endocrino (ipotiroidismo, diabete)
  • il muscolo liscio (disturbi gastrici, stitichezza)
  • il sistema nervoso centrale (ritardo intellettivo, alterazioni comportamentali).

Sono state identificate due forme di distrofie miotoniche, la DM1 o distrofia di Steinert e la DM2. Sono causate da un difetto del gene della miotonina proteina kinasi (DMPK), sito sul cromosoma 19q13.3 nella DM1 e quello del gene CNBP (ZNF9), sito sul cromosoma 3q21 per la DM2.

Entrambe sono caratterizzate da un’eccessiva ripetizione di una sequenza di nucleotidi (tripletta CTG per la DM1 e quadripletta CCTG per la DM2), che nei soggetti normali si ripete per un limitato numero di volte, mentre nelle persone con malattia arriva a raggiungere le centinaia o addirittura migliaia di volte, compromettendo la funzionalità.

La diffusione

La DM è una malattia meno rara di quanto si possa pensare e purtroppo è probabilmente sottodiagnosticata. La DM1 è la forma di distrofia muscolare più comune nell’adulto e si presenta con una frequenza circa di 1 soggetto affetto su 8000 nati sani.

La seconda forma, DM2, è più rara, ed è stata scoperta più recentemente, quindi la sua incidenza, valutata di 1 caso su 100.000 persone, è molto probabilmente sottostimata.

La DM1 o distrofia di Steinert

La Distrofia Miotonica di tipo 1 (DM1) è una malattia genetica, autosomica dominante, multisistemica, caratterizzata da distrofia (perdita di forza progressiva causata da una degenerazione delle cellule muscolari) associata a miotonia (rigidità muscolare con difficoltà nel rilasciamento muscolare). È causata da una anomalia del gene DMPK (distrofia miotonica proteina chinasi) presente sul cromosoma 19: in questo gene è presente una sequenza CTG che nelle persone sane può ripetersi dalle 5 alle 37 volte, mentre nei pazienti con DM1 aumenta fino ad arrivare anche a diverse migliaia. Il numero delle ripetizioni varia da paziente a paziente e anche all’interno dello stesso individuo ci può essere una variabilità tra i diversi tessuti. In genere maggiore è il numero delle ripetizioni, più gravi e precoci sono le manifestazioni cliniche della malattia. L’instabilità delle espansioni delle triplette è tale che la DM1 è caratterizzata dal fenomeno dell’anticipazione: i figli presentano gradi di espansioni superiori a quelle dei genitori, con manifestazione dei sintomi in età più giovane e con un quadro clinico più grave.

La DM1 si può presentare in 5 forme o fenotipi:

  • congenita (CDM). È il caso più grave ed è associata a un’espansione maggiore di 1000 ripetizioni CTG. Si può manifestare già prima della nascita, per esempio con ridotti movimenti fetali. Nei neonati, già nel primo mese di vita, si possono presentare insufficienza respiratoria, difficoltà di suzione e quindi di nutrizione e accrescimento, malformazioni, in particolare ai piedi, e ipotonia ai 4 arti. Le abilità motorie poi migliorano e i bimbi riescono a camminare. Il sistema nervoso è alterato, tanto che i pazienti possono presentare ritardo cognitivo e difficoltà di apprendimento. La miopatia sopraggiunge in età adulta.
  • infantile. Le espansioni vanno da 50 a 1000 ripetizioni di CTG. È caratterizzata per lo più da problemi cognitivi e di apprendimento, mentre i sintomi propri della distrofia miotonica si manifestano nell’età adulta
  • giovanile. Le espansioni vanno da 50 a 1000 ripetizioni CTG. L’esordio di questa forma avviene nella prima adolescenza, in genere i sintomi sono per lo più legati a difficoltà nell’apprendimento e nella socializzazione
  • adulta. Viene causata da espansioni costituite da 50 a 1000 ripetizioni CTG. È multisistemica e caratterizzata dai tipici sintomi della distrofia miotonica: debolezza muscolare generalizzata, facile affaticabilità e dolore muscolare. I più coinvolti sono i distretti distali, quali mani, avambracci, muscoli distali delle gambe e piedi, e nei muscoli mimici del volto, con riduzione dei movimenti dell’espressione del viso e abbassamento delle palpebre (ptosi).
  • Si associa a un’espansione costituita da 50 a 100 ripetizioni CTG. In genere è asintomatica, quindi difficilmente viene diagnosticata a meno di altri casi di DM1 in famiglia.

 

La DM1 è una malattia che coinvolge più organi e apparati, con manifestazioni e gravità estremamente variabili. A seguire le principali manifestazioni cliniche, presenti tutte o in parte nei pazienti:

  • debolezza e miotonia del muscolo scheletrico. La debolezza si manifesta a partire dai 20-40 anni ed è dovuta a degenerazione delle fibre muscolari. La miotonia è causata da un alterato rilasciamento muscolare. Tipicamente dopo una contrazione (per esempio stringere i pugni) il muscolo ha difficoltà a rilasciarsi e ritornare allo stato iniziale. Il paziente lamenta, per esempio, di non riuscire ad aprire le dita della mano dopo uno sforzo. I muscoli più colpiti sono quelli delle mani e della lingua, meno severo l’interessamento a livello degli occhi, con difficoltà a riaprirli dopo una chiusura forzata, o dei muscoli adibiti alla masticazione.
  • Questo organo è coinvolto molto di frequente, e spesso il danno cardiaco è la causa della morte precoce dei pazienti con DM1. Ecco perché è importante che vengano seguiti con regolari valutazioni cardiologiche per problemi del ritmo e per cardiomiopatia.
  • Debolezza muscolare, e quindi dei muscoli adibiti alla respirazione, e compromissione dei centri respiratori (aree del sistema nervoso presenti a livello del tronco cerebrale) sono responsabili di problemi quali ad esempio apnee notturne. A questi si aggiungono disturbi della deglutizione che causano le temute e pericolose polmoniti ab ingestis, dovute a saliva o piccole parti di alimenti “andate di traverso”.
  • Sistema nervoso centrale ed alterazioni cognitive. Colpiscono maggiormente le forme congenite e infantili. Negli adulti invece sono più comuni disturbi del comportamento e della personalità.
  • Occhio. Cataratta precoce, verso i 40 anni. Si consiglia di sottoporre questi pazienti a controlli oculistici regolari.
  • Calvizie precoce
  • Sistema endocrino. Possono verificarsi resistenza all’azione dell’insulina o diabete, alterazione della funzione della tiroide, ipogonadismo e ridotta fertilità. Nelle donne si consigliano controlli ginecologici regolari, perché possono presentare cicli mestruali irregolari, infertilità e un rischio maggiore di aborto spontaneo.
  • Sistema digerente. Possono verificarsi stipsi e diarrea, perché può venir colpito il muscolo liscio che riveste l’intestino e aiuta la digestione. Cresce anche il rischio di colica biliare e talvolta si consiglia la rimozione chirurgica della colecisti.

La DM2

La Distrofia Miotonica di tipo 2 è una malattia genetica, autosomica dominante, caratterizzata da distrofia e miotonia. A causarlo un’anomalia nel gene ZNF9 (zinc finger 9) sul cromosoma 3, sul quale normalmente è presente una tetrapletta (sequenza di quattro nucleotidi CCTG) che, nelle persone sane, si ripete fino a 75 volte, mentre in condizioni patologiche raggiunge anche le 11.000 volte. Va sottolineato che non pare esserci una correlazione tra numero di tetraplette e severità della malattia. L’esordio della malattia avviene in genere tra i 40 e i 50 anni, e la progressione è lenta, con una aspettativa di vita pari a quella della popolazione generale se il paziente viene seguito correttamente. È multisistemica e ha manifestazioni cliniche è molto variabili sia nella gravità sia nella sintomatologia. I principali organi/apparati coinvolti sono:

  • Muscolo schelettrico. La DM2 causa debolezza muscolare, la miotonia e la mialgia. I primi sintomi si manifestano sui muscoli prossimali dell’anca (con difficoltà nel salire le scale, alzarsi da una sedia o dalla posizione accovacciata), e sui muscoli assiali (con forti dolori alla schiena), sui flessori del collo (con difficoltà a sollevare la testa da una superficie). La miotonia colpisce principalmente le mani (con difficoltà ad aprire la mano dopo aver stretto il pugno) e le cosce (con “rigidità alle gambe” quando si inizia a fare le scale). Caratteristico, infine, il dolore a uno o più gruppi muscolari, che può essere arginato con farmaci non steroidei (non cortisone).
  • Cuore. Si possono verificare problemi del ritmo cardiaco, con anche sincopi e palpitazioni, e cardiomiopatia, che può arrivare a portare a un’insufficienza cardiaca. Pertanto, è consigliabile che i pazienti siano seguiti regolarmente con una valutazione cardiologica annuale.
  • Sistema nervoso. Si possono manifestare leggere alterazioni cognitive e comportamentali, rilevabili con test neuropsicologici.
  • Raramente possono verificarsi problemi respiratori. Il paziente va quindi monitorato per il rischio di apnee notturne.
  • Frequentemente si sviluppa una cataratta precoce, attorno ai 40 anni.
  • Sistema endocrino. La DM2 può comportare diverse alterazioni, come quella della resistenza all’azione dell’insulina, della funzione della tiroide, ipogonadismo.

La gestione del paziente

Purtroppo non esiste una terapia in grado di guarire il paziente con distrofia miotonica. È tuttavia possibile impostare controlli periodici e strategie terapeutiche personalizzate. L’obiettivo è quello di prevenire il più a lungo possibile gli eventi negativi e di intervenire tempestivamente laddove necessario.

Innanzitutto, va impostato uno stile di vita corretto. L’alimentazione deve essere equilibrata, assumendo con cautela gli zuccheri e i dolci e stando attenti a evitare l’obesità.

Va consigliata l’attività fisica, per cercare di conservare la forza muscolare. Questa deve essere regolare ma senza sforzi eccessivi.

Vanno effettuati regolari controlli cardiologici (almeno annuali, con elettrocardiogramma ed elettrocardiogramma Holter), pneumologici ed endocrinologici. L’impianto di un pacemaker, quando necessario, contribuirà a gestire eventuali alterazioni del ritmo.

Per quanto riguarda le terapie farmacologiche, vanno valutate caso per caso. In genere per ridurre la miotonia si utilizza la mexiletina (previa visita cardiologica), che però non è efficace per tutti.

L’autore

Paola Gregori

Giornalista medico-scientifico, Medical writer

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