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La nutrizione artificiale nel paziente critico: come, quando e perché

La nutrizione artificiale nel paziente critico: come, quando e perché

Il paziente critico è, per definizione, un soggetto affetto da gravi alterazioni delle funzioni vitali. Nella fase iniziale della malattia critica, la risposta dell’organismo è finalizzata a contrastare la noxa patogena per ripristinare l’omeostasi. Un ruolo importante è rivestito dalle modificazioni endocrino-metaboliche relative allo stato “nutrizionale” del soggetto. Le alterazioni metaboliche principali includono iperglicemia, lipolisi e ipoaminoacidemia che provocano una precoce e importante perdita di massa magra, accompagnata da debolezza muscolare (ICUAW= Intensive Care Unit Acquired Weakness).  La ICUAW, di per sé, è associata a una prognosi negativa, sia a breve che a lungo termine.

Data di pubblicazione: 26 agosto 2021

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La malattia critica è caratterizzata da tre fasi: acuta, cronica e di recupero.1,2

Fase acuta, a insorgenza immediata e di durata variabile.

Fase cronica, della durata di giorni o settimane.

Fase di recupero, si prolunga per mesi.

Ogni fase presenta specifiche modificazioni neuroendocrine e metaboliche, di conseguenza, anche la terapia nutrizionale deve essere diversa in ognuna di queste fasi.

La risposta neuroendocrina allo stress è di tipo bifasico ed è caratterizzata da una uniforme disregolazione degli assi ipotalamo-ipofisi-ghiandole periferiche.3

La risposta metabolica allo stress fa parte della risposta adattativa dell’organismo per superare l’evento nocivo ed è la risultante di modificazioni endocrine e dell’azione delle citochine proinfiammatorie.3 È caratterizzata da un catabolismo non controllato e dalla resistenza ai segnali anabolici come la resistenza all‘insulina. I principali effetti, clinicamente evidenti, sono l’iperglicemia da stress, le alterazioni del dispendio energetico e le modificazioni della composizione corporea, soprattutto perdita della massa e della funzione muscolare.3

Fase acuta

Nella fase acuta, vi è un’aumentata secrezione degli ormoni ipofisari a livello centrale. A livello periferico, invece, la concentrazione plasmatica degli ormoni attivi, (T3 e GF-1), è ridotta con conseguente inattivazione delle vie anaboliche; la concentrazione plasmatica del cortisolo, ormone catabolico, è aumentata. 3 L’attivazione della glicogenolisi e della neoglucogenesi determina una produzione endogena di energia, sotto forma di glucosio.3 Allo stesso tempo si verifica una perdita accelerata della massa muscolare, con danno funzionale, che contribuisce allo sviluppo della ICUAW.4 In questa fase la somministrazione esogena di nutrienti non è in grado di inibire né la produzione endogena di energia né la perdita della massa muscolare.5

 

Fase cronica

La fase cronica vede il soggetto dipendente dal trattamento intensivo per un lungo periodo di tempo. Si verifica, così, un’uniforme soppressione della secrezione pulsatile di GH, TSH e ACTH con ulteriore riduzione dei livelli circolatori di IGF-1 e degli ormoni tiroidei, prevalentemente per una disregolazione ipotalamica.3 Il cortisolo, libero e totale, rimane elevato a causa della mancata metabolizzazione, epatica e renale, probabilmente indotta dall’aumento degli acidi biliari circolanti, potenti inibitori degli enzimi che metabolizzano il cortisolo.3

 

Fase di recupero

La fase di recupero è caratterizzata dalla normalizzazione di tutti gli ormoni centrali (ipofisari) e periferici.6 La risposta neuroendocrina si affianca al ruolo svolto dalle adipokine, rilasciate dagli adipociti (leptina e adiponectine), e dagli enteroormoni, le cui modificazioni sono responsabili della anoressia di origine ipotalamica e delle alterazioni della motilità gastrointestinale, tipiche di qualsiasi forma di stress fisico acuto.7,8

Valutazione dello stato nutrizionale

Il fabbisogno proteico-calorico del malato critico parte dall’identificazione del suo stato nutrizionale e metabolico. A tale scopo si usano appositi punteggi e formule.

Punteggi più comuni:9

Malnutrition Universal Screening Tool (MUST)

Malnutrition Screening Tool (MST)

Nutritional Risk Screening (NRS)

Mini Nutritional Assessment Short Form-Revised (MNA-SF)


Formula di Harris-Benedict:10

Uomini: 66,5 + (13,75 x kg)+[5 x h.(cm)]- (6,75 x anni)

Donne: 655 + (9,56 x kg)+[1,85 x h.(cm)]- (4,67 x anni)

Sulla base dello stato nutrizionale possiamo avere un difetto di assunzione dei nutrienti (malnutrizione) o di eccesso di consumo (catabolismo).


Malnutrizione: è uno stato di alterazione funzionale e strutturale dell’organismo conseguente al disequilibrio tra fabbisogni, introiti e utilizzazione dei nutrienti.10


Catabolismo: è uno stato di alterazione funzionale e strutturale conseguente all’effetto di fattori esogeni o endogeni (ormoni e citochine) sull’utilizzo dei substrati.10

Fabbisogni nutrizionali

Fabbisogno energetico

La stima del fabbisogno energetico nel malato critico è un problema largamente dibattuto. Le numerose equazioni predittive proposte sono inaccurate. 11 Il loro utilizzo rischia di sovrastimare o sottostimare il dispendio energetico effettivo esponendo i pazienti (in particolare obesi, malnutriti ed epatopatici gravi) al rischio di over o underfeeding.11 La calorimetria indiretta (CI), considerata il gold standard per la misura del dispendio energetico, è spesso tecnicamente difficile o impossibile da eseguire nel paziente critico e non fornisce alcuna informazione sulla produzione endogena di energia. 12 Le attuali linee guida consigliano il calcolo del fabbisogno energetico sulla base del peso corporeo del paziente che può essere ideale (o desiderabile), abituale (il peso mantenuto per lunghi periodi di tempo) o attuale. Si suggerisce di considerare, nei soggetti normopeso, il peso attuale; nei soggetti obesi il peso ideale per evitare sotto o sovrastime. Nella pratica clinica può essere utile usare un “peso corretto” che corrisponde a: [(peso attuale x 0,25) + peso ideale].10 Quindi avremo 20 – 25 Kcal/Kg/die di peso corporeo attuale per i pazienti normopeso; 11 – 14 Kcal/Kg di peso corporeo attuale per i pazienti obesi con indice di massa corporea 30 ÷ 50 (BMI, body mass index =rapporto peso/altezza); 22 – 25 Kcal /Kg di peso corporeo ideale per i pazienti con BMI > 50.13

Negli ultimi anni, studi clinici randomizzati hanno dimostrato che una nutrizione enterale standard (pari al 60-70 % del dispendio energetico calcolato), nella fase precoce della malattia critica, rispetto a una nutrizione intenzionalmente ipocalorica, definita “permissiva” non apporta nessun benefico clinico.14 In una recente meta-analisi, un basso introito calorico si associava a una riduzione del rischio di infezioni batteriche e della necessità di terapia sostitutiva renale, ma non alla riduzione della mortalità.15

In conclusione, resta ancora aperto il dibattito se un apporto calorico pari al dispendio energetico, misurato o calcolato, comporti un beneficio clinico nella fase precoce della malattia critica o possa essere addirittura dannoso in quanto responsabile di overfeeding.

Nutrienti

Macronutrienti: Proteine, Carboidrati, Lipidi

Il glucosio è la fonte energetica più utilizzata e ossidata da tutte le cellule dell’organismo. È l’unico substrato energetico utilizzato dalle cellule cerebrali, midollari, renali, globuli rossi e globuli bianchi.10

I lipidi consentono la riduzione della quota calorica glucidica e la correzione di deficit di acidi grassi essenziali, acido linoleico e acido linolenico. Non aumentano l’osmolarità plasmatica.10

Le proteine consentono il potere plastico.


Micronutrienti: Elettroliti, Vitamine (idrosolubili e liposolubili), Oligoelementi (OEM, elementi in tracce).10

Gli elettroliti maggiormente coinvolti nei processi fisiopatologici sono Sodio, Potassio, Calcio, Magnesio e Fosforo

Le vitamine idrosolubili non si accumulano nell’organismo e vanno assunte quotidianamente. Le vitamine liposolubili si accumulano nel fegato e manifestano solo tardivamente uno stato carenziale. La prescrizione di vitamine deve essere monitorizzata al fine di evitare stati carenziali o tossici. Gli OEM (rame, ferro, selenio, zinco, fluoro), ossidano le vitamine idrosolubili.10

Fabbisogni proteici

Il fabbisogno proteico nel paziente critico, in particolare nella fase acuta, rimane ancora uno dei temi più controversi. Le attuali linee guida raccomandano la somministrazione di 1,2- 1,5 gr/kg/die di proteine.16 Per i pazienti obesi con BMI 30 – 40 la raccomandazione è di 2 gr/kg peso corporeo ideale/die; per i pazienti con BMI > 40 la quantità di proteine raggiunge i 2,5 gr/kg peso corporeo ideale/die.13 L’evidenza alla base di queste raccomandazioni è molto bassa e basata soltanto su studi osservazionali e/o su opinioni di esperti.

Studi recenti hanno dimostrato come la precoce somministrazione di aminoacidi per via parenterale, anche in dosi inferiori a quelle raccomandate dalle linee guida, sia associata a un esito sfavorevole nei pazienti adulti e pediatrici.17 Questo effetto negativo sembra legato all’inibizione dell’autofagia a livello epatico e muscolare, con accumulo di aggregati proteici tossici e conseguente compromissione funzionale.17 La somministrazione parenterale di aminoacidi, inoltre, determina un aumento del glucagone che favorisce il catabolismo epatico degli aminoacidi, con risultante ipoaminoacidemia.18

 

Fabbisogni di micronutrienti

I micronutrienti (vitamine e oligoelementi) sono coinvolti in numerosi processi metabolici come catalizzatori o facilitatori di varie funzioni enzimatiche tra cui quelle antiossidanti. Spesso, però, sono trascurati nella formulazione dell’apporto nutrizionale. Nel malato critico la carenza di micronutrienti è indotta da numerosi fattori: preesistente malnutrizione, stato ipercatabolico, aumentata perdita di liquidi enterici, effetti collaterali delle terapie (diuretica, sostitutiva renale).19

La necessità giornaliera di micronutrienti nel paziente critico non è costante e varia per ogni soggetto, così come per ogni fase di malattia. A scopo esemplificativo, si sottolinea la possibile carenza di Tiamina per gli importanti risvolti clinici.

La Tiamina (Vitamina B1), infatti, ricopre un ruolo essenziale nel metabolismo dei carboidrati dove funge da coenzima per la piruvato deidrogenasi, che permette al piruvato di entrare nel mitocondrio per la sua ossidazione e conseguente produzione di ATP.20 Questo spiega l’azione negativa sulla produzione energetica cellulare da carenza di Tiamina. È stato calcolato che il contenuto corporeo di Tiamina sia di circa 30 mg e che la sua perdita sia elevata.21

Scelta del tipo di nutrizione artificiale

La nutrizione artificiale (NA) è un atto terapeutico necessario per il malato critico che non è in grado di soddisfare autonomamente i propri fabbisogni.10 Il trattamento nutrizionale nel soggetto in fase acuta, però, non è una procedura d’urgenza. Lo è, invece, il riequilibrio idro-elettrolitico.10 La nutrizione artificiale può essere somministrata attraverso la via enterale, più fisiologica, o la via parenterale.

 

Nutrizione enterale

La Nutrizione Enterale (NE) esercita un effetto trofico sulla mucosa gastrointestinale e mantiene il giusto equilibrio della flora batterica intestinale: attenua la risposta infiammatoria, riduce il rischio di complicanze infettive e, in modo significativo, anche i costi totali della ospedalizzazione.22,23

Di recente il “Working group on gastrointestinal function within the Metabolism, Endocrinology and Nutrition (MEN) section ot the European Society of Intensive Care Medicine (ESICM)” ha elaborato delle raccomandazioni pratiche relative alla tempistica dell’inizio della NE sulla base delle condizioni cliniche del paziente critico. Per la maggior parte dei pazienti critici si ritiene possibile l’inizio precoce della NE (entro 48 ore dal ricovero) senza particolari limitazioni (pazienti in ECMO, in posizione prona, con lesioni spinali, con addome aperto, in terapia con vasopressori o inotropi, con pancreatite acuta severa).24  Reali controindicazioni alla NE precoce sono rappresentate da: a) instabilità emodinamica nonostante fluidoterapia e vasopressori; b) ipossiemia e/o ipercapnia non controllate; c) sanguinamento gastrointestinale in atto; d) ischemia intestinale con o senza occlusione; e) ileo meccanico; f) sindrome compartimentale addominale; g) residuo gastrico >500 ml/6 ore.24

La NE viene somministrata attraverso sondini nasogastrici (SNG) o nasodigiunali (SND) e pompe peristaltiche che garantiscono la quantità di sostanze erogate. In soggetti che necessitano di nutrizione artificiale enterale per lunghi periodi si può ricorrere alla gastrostomia (PEG) o digiunostomia.

Ristagno gastrico

Nel paziente critico è spesso presente una disfunzione gastroenterica proporzionale alla gravità della malattia. La patogenesi di tale disfunzione è complessa e molteplice ed è riconducibile a modificazioni dell’asse neuroendocrino, all’azione delle citochine, all’ipoperfusione splancnica, ai farmaci analgesici e alle alterazioni del microbiota intestinale. Un elevato residuo gastrico (RG) è considerato un indice di facile rilevazione della dismotilità gatrointestinale. Un’alterata motilità del tratto gastroenterico interferisce con la possibilità dell’apporto nutrizionale per via enterale ed è causa di reflusso gastroesofageo ed esofagotracheale con possibilità di micro/macroaspirazione polmonare e VAP (Ventilator Associated Pneumonia).13

La NE potrebbe peggiorare questo rischio se somministrata a pazienti con elevato RG. D’altra parte l’esatta quantificazione del RG può essere difficile in quanto dipendente da molte variabili: la tecnica di aspirazione del contenuto gastrico (siringa o aspiratore); il calibro della siringa utilizzata; la posizione e il calibro del sondino; il decubito in cui si trova il paziente; la viscosità della miscela e dalla secrezione gastrica. Il monitoraggio del RG è, tradizionalmente, una delle raccomandazioni più diffuse dalle linee guida per decidere se proseguire, interrompere o sospendere la NE ed è, probabilmente, una delle pratiche infermieristiche più utilizzate a questo scopo in Terapia Intensiva. Il livello di soglia per interrompere o sospendere la nutrizione più frequentemente utilizzato è di 500 ml. Nei pazienti a rischio elevato di VAP (traumatizzati, settici, chirurgici) il RG è un metodo semplice di valutazione della dismotilità gastrointestinale e può avere significato clinico se si considerano, oltre al volume, l’aspetto e la consistenza del materiale. Il controllo va eseguito ogni 4-6 ore, accettando un valore soglia di 200 ml.

Nei pazienti critici affetti da patologie di tipo medico il controllo del RG può essere omesso e, se adottato, valori fino a 500 ml possono essere tollerati. Durante la NE il busto del paziente deve essere sollevato di 30-45° sul piano del letto ed è raccomandata l‘igiene orale giornaliera con un collutorio a base di clorexidina.13

Nutrizione parenterale

Negli ultimi anni, i benefici della nutrizione parenterale (NP) precoce, totale o supplementare, nel paziente critico sono stati ripetutamente messi in discussione. Lo studio EPaNIC, condotto su 4640 pazienti critici adulti ha dimostrato che l’inizio precoce della NP (terzo giorno dal ricovero) si associa a una elevata incidenza di infezioni e di ICUAW, a una più frequente necessità di supporto delle funzioni vitali e a una più prolungata degenza in Terapia Intensiva, rispetto a un inizio tardivo (ottavo giorno). Inoltre, la NP precoce non previene la perdita di massa muscolare.25

Anche se la “battaglia” tra nutrizione enterale e parenterale non sembra per ora candidata a una reale svolta, un approccio pragmatico per l’uso appropriato della NA nel paziente critico sembra essere rappresentato dall’inizio precoce della NE, testando progressivamente la tolleranza intestinale. 23

La NP può essere somministrata attraverso un catetere venoso ad accesso periferico o centrale. La scelta dipende dal tipo di miscela da somministrare (osmolarità, lesività endoteliale e volumi) e dalla durata della somministrazione (cateteri a permanenza).

Complicanze della nutrizione artificiale

Complicanze metaboliche

Possono essere precoci o tardive. Le alterazioni precoci sono iatrogene, causate da eccesso, carenza o errata modalità di somministrazione dei nutrienti e comprendono: squilibri idro-elettrolitici, alterazioni del metabolismo dei nutrienti, alterazioni dell’equilibrio acido-base, Refeeding syndrome

La Refeeding syndrome, caratterizzata da ritenzione idrosalina e alterazioni elettrolitiche, rappresenta l’alterazione metabolicamente più grave. È causata dalla somministrazione di nutrizione artificiale normocalorica o ipercalorica che voglia correggere “rapidamente” uno squilibrio nutrizionale.  Nel malato critico la capacità di utilizzazione metabolica dei nutrienti è alterata.

Le alterazioni tardive riguardano innalzamento delle transaminasi, colestasi intraepatica, steatosi, colelitiasi; alterazioni del metabolismo osseo con aumento dell’attività osteoclastica; carenza di micronutrienti. Sono possibili anche squilibri dell’idratazione in eccesso (ritenzione idrosalina e sovraccarico volemico) o in difetto (disidratazione iperosmolare e shock ipovolemico).


Complicanze meccaniche

Sono legate al posizionamento ed alla gestione dei presidi: ostruzione, angolatura, perforazione o dislocazione delle sonde naso-gastriche, decubiti, infezioni del sito di inserzione, pneumotorace, aritmie cardiache, trombosi venosa.10

Controllo glicemico

Il valore glicemico ottimale cambia nel corso della malattia critica anche sulla base di un’eventuale preesistenza di patologia diabetica e del suo controllo. In un vasto studio clinico osservazionale valori glicemici tra 80 e 140 mg/dl nei pazienti non diabetici e tra 110 e 180 mg/dl nei pazienti diabetici si associavano ad una riduzione della mortalità.1

Esistono tre tipi di anormalità della glicemia (disglicemia): iperglicemia, ipoglicemia e variabilità glicemica. Ognuna di queste alterazioni è associata a un peggioramento della prognosi, soprattutto quando coesistono. Un’elevata variabilità glicemica, come quella che si può verificare a seguito di una correzione rapida di un episodio ipoglicemico con elevate quantità di glucosio, ha un impatto sfavorevole sull’esito clinico.26 Studi sperimentali hanno chiarito come la morte neuronale conseguente all’ipoglicemia non sia dovuta semplicemente a una carenza energetica, bensì allo stress ossidativo indotto dalla ipoglicemia stessa, e, in particolare, alla attivazione della NADPH ossidasi neuronale durante la riperfusione con glucosio. Inoltre, il livello di produzione di superossido e la morte neuronale sono direttamente proporzionali alle concentrazioni plasmatiche di glucosio raggiunte durante la riperfusione.27

Conclusioni

La nutrizione artificiale rappresenta una componente fondamentale e imprescindibile della terapia e della cura del paziente critico. La risposta neuroendocrina e metabolica allo stress rende l’approccio nutrizionale al paziente critico uno tra i più complicati tra quelli con i quali il medico si trovi a confrontarsi nella pratica clinica. Ciò rende ragione del fatto che il capitolo della NA nel paziente critico rappresenta uno dei più controversi aspetti della moderna Nutrizione Clinica. Fabbisogni energetici e proteici ottimali, misurazione della spesa energetica, controllo glicemico adeguato e scelta della via di accesso costituiscono ancora oggetto di discussione e di massimo interesse nella comunità scientifica e necessitano di ulteriori e ben disegnati studi clinici che consentano di realizzare un approccio metabolico–nutrizionale adeguato alle complesse e mutevoli esigenze del paziente critico.

L’autore

Dr Vecchiarelli Pietro

Prof.ssa Daniela Alampi

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