
Nuove prospettive per la lotta alla BPCO

Nonostante i notevoli progressi nella riduzione dell’impatto globale di molte patologie epidemiologicamente rilevanti, tra cui malattie cardiopatie e cancro, la morbilità e la mortalità dovute a malattie respiratorie croniche continuano ad aumentare. Ciò è dovuto principalmente all’impatto crescente della broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) e si è verificato nonostante il fumo di sigaretta sia ormai chiaramente identificato come il principale fattore di rischio per la malattia da più di 50 anni.
Diversi fattori contribuiscono al suddetto fenomeno, che ha ormai raggiunto le dimensioni di una vera e propria emergenza pubblica, come ad esempio: la mancata limitazione della vendita e del consumo di prodotti del tabacco, l’esposizione incontrollata agli inquinanti ambientali, la scarsità di risorse con cui combattere questa malattia nei Paesi a basso reddito.
La Commissione Lancet sulla BPCO mira a tracciare la strada che conduca all’eliminazione della malattia, attraverso una modernizzazione del disease management. Sebbene venga riconosciuto che molte delle raccomandazioni proposte non possono essere utilizzate al fine di integrare le attuali linee guida basate sull’evidenza, queste rimangono comunque necessarie per favorire la rivalutazione radicale della BPCO.
Fattori di rischio
Il fumo è la causa principale e più caratterizzata di BPCO, ma altri fattori di rischio importanti e trascurati includono la genetica, eventi patogenetici precoci (inclusi quelli che si verificano in utero), infezioni ed esposizioni ambientali dannose. Purtroppo, le leggi approvate per limitare l’esposizione ambientale, così come gli sforzi per vietare o limitare l’uso di sigarette e altre sostanze inalabili nocive, non sono stati sufficienti o non vengono adeguatamente applicati. Inoltre, le aziende produttrici di tabacco offrono ormai diverse alternative alle sigarette, incluse le e-cigarettes. Questo marketing aggressivo e non regolamentato di questi dispositivi è rivolto a persone giovani e vulnerabili e riscuote un grande successo, come dimostrato dal sostanziale aumento della prevalenza del fumo tra i bambini e dal fatto che l’età in cui si inizia a fumare è più bassa che in passato.
Tra gli altri fattori rilevanti, le nascite premature sono associate allo sviluppo di BPCO e sono in aumento a causa di un’assistenza sanitaria materna e prenatale inadeguata nei contesti a basso reddito, dei progressi nell’assistenza neonatale nei Paesi ad alto reddito (che portano a un miglioramento della sopravvivenza tra i neonati estremamente pretermine), dell’aumento dell’età media alla maternità e dell’aumento delle nascite gemellari riconducibile alle tecniche di riproduzione assistita.
Inoltre, in alcune parti del mondo, anche le infezioni broncopolmonari rivestono ancora grande importanza in questo contesto. Spesso, infatti, coloro che superano una grave infezione di questo tipo non recuperano totalmente la funzione polmonare.
Un altro fattore non trascurabile deriva dal fatto che oltre il 40% della popolazione mondiale è ancora esposta a livelli elevati di inquinamento indoor. Questo inquinamento dipende dall’uso di combustibili da biomassa in stufe inefficienti e/o scarsamente ventilate per cucinare e riscaldare nei Paesi a basso reddito e dall’uso di gas per cucinare e riscaldare senza cappe di aspirazione nei Paesi a medio e alto reddito.
Infine, persistono ancora i fattori di rischio occupazionali. Infatti, gli standard di protezione respiratoria sono ancora inadeguati e scarsamente applicati. Molto frequentemente, esiste un pericoloso ritardo tra l’identificazione delle esposizioni nocive e l’attuazione delle misure protettive.
Strumenti diagnostici e individuazione tardiva
La BPCO è attualmente definita come limitazione non completamente reversibile del flusso d’aria espiratorio, rilevato dalla spirometria, ed è dovuta a una combinazione di rimodellamento delle piccole vie aeree e distruzione enfisematosa del parenchima polmonare. I casi di BPCO sono ancora individuati in modo subottimale e in genere tardivamente, in parte perché la patologia scaturisce da processi cronici a carico del sistema respiratorio, che si verificano nel corso della vita.
Purtroppo, l’esito della spirometria non rispecchia pienamente la severità dei sintomi, la capacità di esercizio e la qualità della vita in generale. Inoltre, l’enfasi sull’ostruzione spirometrica a volte non permette il rilevamento della malattia in una fase più precoce, che potrebbe essere più facilmente gestibile, o addirittura curabile. Infatti, la BPCO può anche insorgere precocemente nella vita, spesso quando lo sviluppo polmonare non è stato ottimale. Questi pazienti vengono raramente valutati per patologie respiratorie o sottoposti a spirometria, e servono quindi biomarcatori più efficaci per poterli identificare.
Alla luce di queste evidenze diviene chiaro che una definizione di BPCO basata esclusivamente su criteri spirometrici potrebbe non prendere in considerazione le alterazioni precoci delle vie aeree e la distruzione enfisematosa del parenchima polmonare che non si traducono necessariamente in una limitazione del flusso aereo apprezzabile alla spirometria.
Per superare questi limiti diagnostici, Lowe e colleghi hanno utilizzato 4 criteri per classificare i pazienti come affetti da BPCO “possibile”, “probabile” o “definita”. Tali criteri si basavano su: 1) l’esposizione al fumo di tabacco, 2) la TC (coinvolgimento enfisematoso ≥5%, spessore medio della parete per un’ipotetica via aerea con un perimetro del lume di 10 mm ≥2,5 mm o intrappolamento aereo del 15%), 3) la valutazione dei sintomi (punteggio della scala del Medical Research Council modificata ≥2 o bronchite cronica definita come tosse cronica e catarro) e, infine, 4) la spirometria (FEV1 <80% del predetto o rapporto FEV1/FVC <0,70). I criteri diagnostici di Lowe e colleghi rappresentano un progresso rispetto alle linee guida standard, anche se alcuni dettagli possono essere ulteriormente migliorati. In primo luogo, la BPCO è una malattia cronica ed è fondamentale tenere conto dei primi anni di vita e di altri eventi che compromettono la capacità di raggiungere la massima funzionalità polmonare, come la prematurità, la predisposizione genetica, le malattie respiratorie infantili ricorrenti e altre infezioni come l’HIV. In secondo luogo, è essenziale prestare maggiore attenzione alle riacutizzazioni o al peggioramento improvviso dei sintomi respiratori.
Quasi tutti i fattori di rischio per la BPCO sono associati a un basso status socioeconomico, che predice anche esiti clinici infausti. Queste disparità sono più pronunciate quando i Paesi a basso e medio reddito vengono confrontati con i Paesi ad alto reddito, sebbene anche in questi ultimi la povertà e lo svantaggio socioeconomico a livello locale rimangono fattori di rischio indipendenti della BPCO e della morbilità respiratoria associata. Probabilmente, in questi contesti socio-economici si aggregano fattori di rischio come il fumo di tabacco, scarsa qualità dell’aria indoor e outdoor, le condizioni abitative scadenti e l’accesso limitato a un’alimentazione sana e all’assistenza sanitaria.
Il reale impatto della BPCO
Attualmente, esiste un disallineamento sostanziale tra l’impatto socioeconomico della BPCO e la priorità attribuita alla malattia da parte degli enti governativi e di altri enti finanziatori. Analogamente alle scarse risorse dedicate alla cessazione del fumo, i finanziamenti per la ricerca specifica sulla BPCO sono minori rispetto a quelli destinati ad altre malattie croniche, come le malattie cardiovascolari, il cancro e il diabete o asma.
Tra le possibili spiegazioni rientra il forte stigma sociale che erroneamente caratterizza la BPCO come una malattia autoinflitta, fenomeno meno evidente nelle malattie cardiovascolari e nel diabete di tipo 2, nonostante i fattori legati allo stile di vita contribuiscano in modo significativo a entrambe le patologie.
Infine, la commissione Lancet suggerisce che sia data maggiore importanza alla qualità della vita e alla sopravvivenza globale del paziente, considerando gli altri endpoints come surrogati. La Food and Drug Administration (FDA) ha fatto suo questo concetto richiedendo che negli studi clinici vengano usati endpoints atti a misurare come un paziente si sente, il suo livello di funzionamento sociale e la sopravvivenza a lungo termine. Il FEV1, l’indice spirometrico attualmente più usato come endpoint negli studi clinici potrebbe, in alcuni casi, non rispondere perfettamente a questi requisiti e necessitare, quindi, di essere implementato con altre valutazioni cliniche.
L’importanza della terapia
Le terapie più utilizzate per la BPCO includono anticolinergici, β2-agonisti, corticosteroidi inalatori, macrolidi, mucolitici e inibitori della fosfodiesterasi-4, tutti con meccanismi d’azione diversi. Inoltre, i trattamenti non farmacologici della BPCO integrano la farmacoterapia per apportare miglioramenti ai sintomi e alla qualità della vita, prevenire la progressione della malattia e migliorare la sopravvivenza. Tra questi rientrano cambiamenti dello stile di vita, come la cessazione del fumo e il miglioramento della capacità di autogestione del paziente, la riabilitazione respiratoria, l’assistenza completa e integrata da parte di un team multidisciplinare, l’intervento chirurgico, dispositivi medici come le valvole endobronchiali, l’ossigenoterapia domiciliare, la ventilazione non invasiva e le cure palliative. Sfortunatamente, molte di queste terapie non sono disponibili nei Paesi a basso e medio reddito. Se fossero implementate nei Paesi a basso e medio reddito, potrebbero esserci notevoli benefici sia per i singoli pazienti che per i sistemi sanitari dei suddetti Paesi.
Prospettive future
Per ottenere il massimo effetto e ambire ad eliminare la malattia, le nuove terapie per la BPCO dovranno essere precise e mirare agli specifici bersagli molecolari responsabili della patogenesi della malattia. Queste terapie potrebbero essere versioni più efficaci delle piccole molecole somministrate per via inalatoria o orale già disponibili, ma potrebbero anche includere terapie basate su cellule staminali o altri approcci rigenerativi, sistemi di somministrazione nanotecnologici o terapia genica. Le prospettive per lo sviluppo di questi trattamenti (e la relativa tempistica) sono incerte, sebbene tutti siano in fase di studio. Purtroppo, sebbene i trattamenti disponibili migliorino alcune importanti manifestazioni della malattia, diverse esigenze rimangono insoddisfatte, tra cui l’eliminazione dei sintomi respiratori e dell’infiammazione tissutale, l’inversione del rimodellamento delle vie aeree, la rigenerazione polmonare e il controllo della patologia sistemica secondaria.
Conclusioni
È possibile che l’eradicazione totale della BPCO non sia realizzabile, così come potrebbe essere impossibile eliminare altre malattie altamente complesse con elevata morbilità e mortalità, come il cancro, le malattie cardiache e il diabete. Tuttavia, l’approccio a questa patologia fino ad oggi è stato inefficiente, e il peso globale della BPCO continua ad aumentare. Sebbene il calo del fumo di tabacco nei Paesi ad alto reddito sia un fattore positivo, il mancato controllo di altri fattori di rischio pregiudica i risultati che potrebbero essere raggiunti. Quindi, è necessario ridefinire il dibattito sulla BPCO per sottolineare l’importanza dei fattori di rischio non correlati al tabacco e della prevenzione primaria, nonché la necessità di promuovere la salute polmonare durante tutto il corso della vita a partire dal concepimento, di migliorare la classificazione della malattia e ampliare gli strumenti diagnostici.

L’autore
Redazione Vademedicum
Bibliografia
Stolz, D. et al. Towards the elimination of chronic obstructive pulmonary disease: a Lancet Commission. The Lancet 400, 921–972 (2022).