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Medici specializzandi, Il no del governo all’autonomia progressiva

Medici specializzandi, Il no del governo all’autonomia progressiva

Dopo la conquista della laurea in Medicina e Chirurgia, inizia il percorso di specializzazione: ma quanto il giovane medico può essere autonomo durante la sua formazione sul campo? Quali sono le leggi che governano le attività dello specializzando tra le corsie d’ospedale? Regioni e Governo hanno in merito visioni diverse. Capiamo insieme qual è la situazione attuale.

Data di pubblicazione: 25 gennaio 2019

Lo scorso 8 febbraio 2018 il Consiglio dei Ministri (CdM) ha impugnato davanti alla Corte Costituzionale la legge 2015 della Lombardia in materia di formazione specialistica dei medici, che prevede una progressiva autonomia dello specializzando dal punto di vista dell’assistenza clinica all’interno delle corsie delle Cliniche universitarie e, laddove è possibile, di quelle ospedaliere. Secondo il CdM “alcune norme riguardanti la formazione specialistica dei medici contrastano con i principi fondamentali della legislazione statale in materia di professioni e tutela della salute, in violazione dell’art. 11, terzo comma, della Costituzione”.

La situazione attuale

Questa decisione del Governo si è basata sull’analisi di una realtà diffusa su tutto il territorio nazionale: in Lombardia sono circa 5.000 i dottori in formazione, ossia specializzandi che spesso si trovano a sostituire medici strutturati, anche se le norme nazionali non lo consentirebbero. Da sottolineare che le normative regionali che devono disciplinare la questione sono inapplicate da sette anni. In particolare, i rettori degli atenei lombardi si sono rivolti alla Commissione Sanità della Regione Lombardia in cerca di una soluzione.

Il problema pur essendo noto da tempo, si è tuttavia trasformato in una prassi: guardie di notte fatte dagli specializzandi anche in totale autonomia, oltre a fine settimana trascorsi in Pronto Soccorso in completa solitudine. A tutto ciò si devono aggiungere visite ambulatoriali effettuate mentre il medico strutturato è impegnato in altre attività cliniche. Inoltre, la FederSpecializzandi, che riunisce 22 associazioni locali di rappresentanza dei medici in formazione, ha denunciato il problema in più occasioni.

L’articolo impugnato

L’articolo impugnato è il n. 34 della legge 33 del 2009 (il testo unico delle leggi regionali in materia di Sanità), modificato dalla Legge 23/2015, relativa ai rapporti tra le università e il Servizio Sanitario regionale.

L’articolo – “Partecipazione dei medici in formazione specialistica alle attività assistenziali” – introduceva la possibilità per gli specializzandi di partecipare alle attività assistenziali, indicando che “alcune norme sulla formazione specialistica dei medici sono ritenute dal Governo contrastanti con i principi fondamentali della legislazione statale in materia di professioni e tutela della salute”.

L’articolo, oggetto di discussione, si può riassumere in quattro punti principali:

  1. La formazione specialistica implica la partecipazione guidata dello specializzando alle attività mediche delle strutture sanitarie alle quali è stato assegnato, secondo quanto previsto dalla normativa vigente in materia, dagli ordinamenti didattici e sulla base dello specifico progetto formativo elaborato dal Consiglio della scuola. 
  1. Le attività assistenziali svolte dal medico in formazione specialistica sono individuate e tracciate in relazione al progressivo grado di autonomia operativa e decisionale secondo i seguenti livelli:
    a) attività di appoggio: quando assiste il personale medico strutturato nello svolgimento delle attività;
    b) attività di collaborazione: quando svolge direttamente procedure e attività assistenziali specifiche sotto il diretto controllo di personale medico strutturato;
    c) attività autonoma: quando svolge autonomamente specifici compiti che gli sono stati affidati, fermo restando che il tutor deve essere sempre disponibile per la consultazione e l’eventuale tempestivo intervento. 
  1. La graduale assunzione di compiti assistenziali e la connessa progressiva attribuzione di responsabilità, secondo quanto definito al comma 2, sono oggetto di indirizzo e valutazione da parte del Consiglio della scuola, anche sulla base delle proposte d’intesa definite tra i medici in formazione specialistica, i tutor individuali e i responsabili delle unità operative nelle quali si svolge la formazione.Le attività svolte dal medico in formazione specialistica sono contemplate nei piani di attività della struttura nella quale si svolge la formazione. Le Università e le aziende definiscono le modalità di sottoscrizione degli atti assistenziali compiuti dal medico in formazione specialistica nell’ambito del piano formativo.
  2. Il medico in formazione specialistica può partecipare ad attività di ricerca, svolgendo incarichi specifici e in modo autonomo sotto la guida del responsabile della ricerca secondo le modalità previste dalla normativa vigente.L’introduzione dell’articolo 34 era stata definita a seguito di un lavoro corale di Giunta e Consiglio regionale con tutte le Università lombarde, le quali avevano sollecitato l’esigenza di consentire una graduale autonomia degli specializzandi per evitare il passaggio a chirurgo strutturato da un giorno all’altro. Si contemplava, quindi, per loro, una graduale assunzione di responsabilità, non la comparazione immediata alle funzioni di uno strutturato. Infatti, il medico in formazione specialistica sarebbe stato sempre e comunque vincolato all’osservanza delle direttive ricevute dal tutor che, a sua volta, sarebbe stato sempre disponibile per la consultazione e l’eventuale tempestivo intervento.Da parte sua, in seguito a questa impugnativa da parte del Governo, la Regione Lombardia ha rimarcato con forza la necessità di una maggiore autonomia in materia di salute per la Regione stessa. Non a caso, infatti, è stata inserita (nel testo dell’Intesa che Governo e Regione Lombardia dovranno firmare ai sensi dell’art. 116, terzo comma, della Costituzione) la richiesta di maggiore autonomia in merito alla determinazione del numero dei posti dei corsi di formazione per i Medici di Medicina Generale, e di accesso alle scuole di specializzazione, compresa la programmazione delle borse di studio per i medici specializzandi e la loro integrazione operativa con il sistema aziendale.Inoltre, l’Assessorato al Welfare della Regione Lombardia ha fatto notare che in questo modo il Governo nazionale impedisce lo sviluppo della sanità lombarda e penalizza tutti gli specializzandi italiani, vietando che esercitino liberamente la professione, a differenza di quanto accade nella maggior parte dei Paesi europei, dove un laureato di medicina generale abilitato può tranquillamente farlo.

Le ragioni del Governo

Al momento non si riesce ad intravvedere un accordo fra Governo e Regioni.

Senza dubbio il richiamo del Governo ad un impiego più corretto e qualificante del ruolo degli specializzandi ha una sua apprezzabile ragione, anche se forse non bisogna però eccedere nell’atteggiamento opposto: ossia, considerare non in modo appropriato chi si appresta a svolgere una professione impegnativa come quella del medico (ed ancor più ciò vale per coloro che si specializzano in branche di tipo chirurgico)e, quasi, ritenerlo uno scolaro a vita, salvo poi doversi improvvisamente scontrare – una volta uscito dalla Scuola di specialità – con la difficile, rischiosa e quotidiana realtà assistenziale e clinica e sentirsi “perduto” poiché non ha gli strumenti tecnici e umani per affrontarla.

Forse, dopo un Corso di laurea così lungo ed impegnativo, un medico chirurgo abilitato alla professione dovrebbe essere considerato sufficientemente maturo per agire in modo autonomo, seppure sempre sotto l’occhio attento di un tutor presente e competente.

È innegabile, tuttavia, che è necessario redigere al più presto una normativa chiara ed esaustiva che, per quanto possibile, venga incontro alle esigenze di entrambe le parti.

L’autore

Minnie Luongo

Giornalista della Redazione

Bibliografia

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